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 APOCALITTICI E INTEGRATI: I NUOVI ORIZZONTI DEL PROGETTO


La struttura della nostra esperienza ci sta rivelando segni di instabilità e quando una circostanza come un cambiamento tecnico destabilizza il vecchio equilibrio dei saperi e delle rappresentazioni, allora diventano possibili nuove strategie ed insolite alleanze.
Una quantità disparata di agenti sociali esplorano le nuove possibilità fino a quando una nuova situazione si stabilizza provvisoriamente, con i suoi valori, le sue morali,la sua nuova cultura.
Ciò che appare certo è che noi oggi viviamo una di quelle epoche di passaggio in cui il vecchio ordine vacilla per fare posto a immaginari, modi di conoscenza e stili di regolazione sociale ancora non ben definiti. Noi viviamo uno di quei rari momenti in cui, a partire da una nuova configurazione tecnica, cioè un nuovo rapporto con il cosmos, si inventa uno stile di umanità.
Nel mondo economico lo strabiliante sviluppo dell’informatica di consumo, la sempre più capillare diffusione di strumenti multimediali e interattivi hanno fatto ipotizzare ad economisti e tecnologi la nascita di un nuovo modello di sviluppo economico.

La nuova economia ci consegna un mondo strutturato su microsistemi diffusi, dove masse incontrollabili di operatori in rete interagiscono e operano in territori senza confine e senza progetto; essi determinano un nuovo assetto del capitalismo post-industriale continuamente reversibile e riformabile. Un sistema di relazioni diffuse e deboli pervase da un nichilismo oramai compiuto e sempre più vissuto come nostra unica chance. Un’epoca di sperimentazione permanente e di incertezza stabile, continuamente impegnati a ricercare equilibri provvisori pur di evitare soluzioni definitive.

Stiamo assistendo a un nuovo «cambiamento di paradigma», nel senso pregnante del termine evocato da Thomas Kuhn nella Struttura delle rivoluzioni scientifiche.
La nuova logica che guida il pensiero tecnico- scientifico è debole, meno basata sulle certezze della matematica e della geometria euclidea e più vicina alle forme complesse della natura, alle sue sbavature, alle forme della complessità, dell’incertezza,dell’incompiutezza, del caos.
Nella modernità classica lo schema logico che l’aveva prodotta era basato sulla contrapposizione tra il bene e il male, il tutto e il nulla, l’arte e la vita, il bello e il brutto, il reale e il virtuale: adesso con la crisi di questa logica, si apre un futuro nel quale le categorie intermedie del momentaneo, del generico, dello sfumato, della penombra, producono le migliori condizioni ambientali per una progettazione ibrida e per le energie simbiotiche della civiltà elettronica guidate da una conoscenza superficiale e sensitiva del mondo.

Si tratta di un fenomeno che può essere paragonato per rilevanza e pervasività sociale solamente alle grandi svolte tecnologiche come l’invenzione della stampa a caratteri mobili, l’applicazione del vapore alle macchine utensili, l’organizzazione industriale del lavoro ecc.; tutti fenomeni che hanno segnato e spesso nominato l’era in cui sono sorti.
Tuttavia, rispetto all’età di Gutemberg o all’età del vapore, la rivoluzione digitale presenta delle caratteristica peculiari che investono in pieno la dimensione del progetto. Per la prima volta su scala mondiale la sfera economica, il mondo della produzione, quello del sapere, della conoscenza e dell’arte sembrano convergere integralmente.
Il testo, la grafica, la pittura, la musica, il cinema, la televisione, la finanza, la ricerca scientifica, tutte queste forme di trasmissione dei saperi, della cultura, dell’arte si stanno adeguando ad un’unica forma di codifica: quella digitale.
Immagini, suoni, testi, informazione, possono essere creati, fruiti e consultati attraverso un medesimo hardware.

Nel passato, ma in molti casi ancora oggi, i processi creativi e produttivi delle differenti forme di arte e comunicazione seguivano modalità specifiche peculiari.
Venivano utilizzati strumenti e tecnologie tra loro incompatibili, i supporti materiali erano differenti e identificavano mondi di senso, universi percettivi e modalità di fruizione, ricezione e consumo separate.
Il digitale e la convergenza tecnologica hanno colmato questa separazione, spazzato via le barriere tra le diverse discipline e le forme di comunicazione fino a trasformare alla radice le modalità e lo statuto epistemologico stesso dei tradizionali vettori della cultura, della comunicazione e della formazione.

La diretta conseguenza di questo è che oggi molto più che nel passato vi è la possibilità da parte degli oggetti di veicolare anche informazioni e messaggi che tradizionalmente erano relegati ad altri ambiti. Penso per esempio ad alcune campagne pubblicitarie con prese di posizione precise rispetto a temi di interesse sociale.

La densità e la pervasività comunicativa diviene così l’elemento che più di altri struttura il sistema dell’offerta sia in economia ma sempre più anche nell’arte, nell’architettura, nel cinema. Questo vuole anche dire che i prodotti e gli oggetti si configurano come la retrovia del sistema a cui appartengono mentre gli eventi comunicativi ne divengono l’avanguardia.

La condizione di crisi che stiamo attraversando come progettisti non ha soluzione: essa descrive una nuova condizione estrema, che però sarebbe sbagliato giudicare negativa. La caduta di senso del gesto progettuale che poneva al centro della propria riflessione la forma e la ricerca di nuovi linguaggi lascia il posto a nuove condizioni operative e civili che non necessariamente corrispondono a sistemi figurali e a nuovi codici stilistici.

Rispetto alla saturazione estetica del mondo abbiamo a disposizione strumenti potentissimi in grado di veicolare nuovi messaggi etici e nuove modalità di relazione. Alla speranza occidentale di un tempo lineare, di un progresso senza fine e di un’eternità terrena si contrappone l’emergere di idee legate al finito, al provvisorio e al tempo circolare.

Illudersi ancora che esista una mossa in grado di dare scacco al re, che si tratti di sostituire al complesso di strumenti messi a punto in un arco di esperienze pluri-secolari, un solo, unico o principale modo di costruzione del progetto è ingenuo ed evasivo. Le maggiori difficoltà e i più importanti problemi del progetto non hanno a che fare con i suoi strumenti. Provare a inventare un nuovo strumento, dice Luciano Berio, può essere altrettanto futile e patetico di qualsiasi tentativo di inventare una nuova regola grammaticale nella nostra lingua.

La storia è ricca di esempi di rivoluzioni culturali basate sul rifiuto a ricercare nuovi linguaggi, per puntare invece ad uno smontaggio e rimontaggio di quelli esistenti. Lo smontaggio del sapere tradizionale e il suo rimontaggio in ordine alfabetico operato dall’Enciclopedia sicuramente basterebbe a testimoniare che non sempre e non necessariamente la creatività è l’unico sistema praticabile per lo sviluppo della cultura.

Emerge quindi la figura del collage e del bricoleur come possibilità per costruire una modernità che nasce dallo sperimentalismo e anche dall’incertezza, che non elabora più progetti globali rigidi, definitivi e perfetti, e che proprio per questo producono fragilità e inutili tensioni.
Un progetto che si fonda su processi di risignificazione e ricomposizione di oggetti anche eterogenei trovati sul campo e dove l’indifferenza, la tolleranza e il dubbio diventano convenzioni imperfette attraverso cui superare contraddizioni insanabili, contenendole dentro un sistema permanente di crisi, evitandone l’estrema deflagrazione.


Michele Manzini. Nato a Verona nel 1967, vive e lavora a Verona. Laureato presso L'IUAV di Venezia è curatore di mostre (2009 Piero Anselmi: viaggio nell’archivio di un futurista veronese, Venezia, Casa del Cinema / 2005 Città-geometrie-astrazioni, fotografie di Alessandro Corona Piu, Verona, Spazio Espositivo Libreria Gheduzzi / La via sacra-Busti, opere di G.Anselmi e Christine Henras, Università degli Studi di Verona, Giardino di S.Francesco / 2004 Verona waterfront project, Design Exchange Museum, Toronto / 2002 Oggetto locale-locale Oggetto, Chiesa di S.Giorgeto, Verona / 1997 Architettura-acqua/scultura-acqua, Arsenale di Verona), saggista (2009 ... Il tempo e lo spazio morirono ieri... Foglio Volante n°1, Edizioni della Vita Nova, Verona) e artista / 2007 Gabriello Anselmi - 52° Biennale d’Arte di Venezia, Archivio n°9 / XVI Esposizione degli Architetti Artisti a Milano negli incantevoli spazi della Certosa di Garegano, Archivio n°9 / 2005 Città_geometrie astrazioni, Spazio Espositivo Libreria Gheduzzi / La via sacra, Università degli Studi di Verona / Per un progetto di descrizione Edizioni della Vita Nova / 2004 Landscapes without frame, Edizioni della Vita Nova, Verona / Paesaggi ibridi, Edizioni della Vita Nova, Verona, 2004 / 2003 La fragilità teorica dell’arte contemporanea, Della Vita Nova, Verona / Tecniche di recupero Aurora, Verona / Landscapes without frame, Edizioni della Vita Nova, Verona / Paesaggi ibridi, Edizioni della Vita Nova, Verona / 2002 Il paesaggio al di là del soggetto e dell’oggetto Editions de la Villette, Parigi / Il Paesaggio e il suo mito. Progetto per un ponte concettuale, Galileo n°151, Padova / Apocalittici e integrati: i nuovi orizzonti del progetto, Aurora, Verona). Come fotografo ha partecipato alle seguenti esposizioni: 2009 Landscape/Distance, Smith Gallery & Museum, Stirling, Edimburgo / Il paesaggio interpretato, Centro d’Arte Contemporanea Torre Strozzi, Parlesca, Perugia / On Landscape, Ul Foksal 2, Varsavia / Linientreu und Farbenfroh, Rathaus, Stoccarda / Recent works, Salon Du Vieux Colombier, Parigi / 2008 Energia, Palazzo della Gran Guardia, Verona / Paesaggi d'acqua, Ex Chiesa S.Maria Annunziata, Venezia / Krajiny vod Istituto Italiano di Cultura, Praga / Le celeste confin, Salle des fetes, Mairie du V°, Parigi / Il celeste confine, Spazio espositivo Libreria Gheduzzi, Verona. Premi: 2009 Premio Terna 02 Online.


testo: 
Michele Manzini 

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V.

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VII.

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IX.

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XI.

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XIII.

XIV.
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XVI.
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XIX.

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