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 PIO MANZŁ. QUANDO IL MONDO ERA MODERNO


Negli spazi espositivi della GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo č in corso fino all’8 febbraio 2009 la mostra Pio Manzł. Quando il mondo era moderno.
L’archivio di Pio Manzł, attualmente depositato alla GAMeC, consente di tracciare per la prima volta un percorso completo della sua opera – che, nella pur breve esperienza a causa della prematura scomparsa, ha spaziato dal design, alla fotografia, alla grafica editoriale – articolato nelle quattro sale del secondo piano della galleria, toccando differenti tematiche e mettendo il suo lavoro in relazione con quello di altri designer ed artisti internazionali.
Gli anni degli esordi e della sua formazione alla scuola di Ulm sono oggetto della prima sala in cui si accostano suoi progetti, appunti, schizzi, teorie al lavoro dei docenti e direttori come Max Bill, Tomas Maldonado, ma anche con quello di colleghi come Giovanni Anceschi, Mavigner e artisti e designers italiani Getulio Alviani, Enzo Mari, Gruppo T (Giovanni Ancheschi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco) e Gruppo N (Alberto Biasi, Edoardo Landi, Manfredo Massironi, Ennio Chiggio, Toni Cosata).
La seconda e terza sala indagano la fase del lavoro di Pio Manzł dedicata al Car design, che gli valse riconoscimenti e premi internazionali: disegni, progetti, foto, modellini relativi alla 127 Fiat e ai Trattori, e i progetti mai prodotti per Autonova, Taxi, Autobus. Molti di questi sono stati realizzati con grande successo sia sul piano della pura ricerca sia del mercato: basti pensare che queste macchine non solo sono pioniere di quelle attuali ma, ad esempio, l’invenzione della scocca superiore per il trattore ridusse del 30% le morti nel lavoro agricolo causate dal ribaltamento dei mezzi. Questi progetti di Manzł sono messi a confronto con quelli di importanti designer come Pininfarina, Bonetto, Zanuso, Bellini, Piano.
Agli oggetti č dedicata la sala di chiusura: originali d’epoca – molti di essi ancora oggi campeggiano nelle nostre case e sono considerati ormai dei classici –, prototipi e progetti messi in relazione con quelli di altri grandi designer contemporanei come Ettore Sottsass, Bruno Munari, von Klier, Joe Colombo, Achille Castiglioni.

Pio Manzł (1939-1969), dopo gli studi liceali a Milano, č il primo italiano a laurearsi ad Ulm in Industrial Design alla Hochschule für Gestaltung, con una tesi sul "trattore sicuro": lo studio di un trattore che tenga conto dell’uomo, delle sue esigenze e della sua sicurezza. Nasce cosģ la centina di protezione, come nelle auto da corsa sopra la testa del pilota. Nel 1962 vince con l’amico Conrad il primo premio del Concorso Internazionale "Année Automobile" per il disegno di una vettura che verrą realizzata dalla Carrozzeria Pininfarina ed esposta nei saloni dell’automobile di Londra e Torino. L’anno seguente riceve il premio della sezione culturale dell’Associazione Industriale tedesca per il prototipo di una vettura di media cilindrata: la Coupé Austin Healey 3000. Nel 1965 presenta il design di un’automobile familiare: l’Autonova Fam e due anni pił tardi, sempre con Conrad, vince il concorso della municipalitą di Amburgo per la progettazione di un autobus urbano.
A partire dal 1967 č consulente alla Fiat che da subito gli da la fiducia necessaria per progettare liberamente e sperimentare. Per la casa automobilistica torinese, realizza il City Taxi e l’Autobianchi Coupé, entrambe esposte al Salone dell’automobile di Torino. In questi anni si dedica anche al design di altri oggetti come il primo orologio a transistor italiano, Cronotime, prodotto dalla Ritz Italora ed esposto al MoMA di New York.

Nel rigore progettuale di Pio Manzł risiede il superamento della problematica formale e l’apertura verso la problematica ergonomica: il rapporto uomo-macchina e tutte le componenti psico-fisiche ad esso correlate.
Le vetture di Pio Manzł non risolvono solo i requisiti di funzionalitą dei propri componenti ma allargano la riflessione alle questioni del traffico, della circolazione, delle quali, secondo Pio Manzł, il designer non puņ non tenere conto.
In poco tempo e con poche risorse, realizzņ molti progetti e si fece conoscere a livello internazionale. Lo si considerava gią una promessa del design mondiale a trent’anni non ancora compiuti quando morģ tragicamente in un incidente d’auto.

La mostra costituisce un chiaro documento del valore dell'opera di Pio Manzł, tra l'altro corroborato dalla qualitą dei testi – di Enrico Leonardo Fagone, Beppe Finessi, Giacinto Di Pietrantonio, curatori dell'esposizione, e Mario Cresci – contenuti nell'ottimo catalogo edito da Electa. Catalogo dal quale, in questa sede, riportiamo una significativa parte redatta da Giacinto Di Pietrantonio.

«Per inquadrare la figura di Pio Manzł va sottolineata innanzitutto l’apertura mentale con cui affrontava le questioni di cui si occupava; ciņ č evidente non solo dalla sua attivitą matura postulmiana, ma gią da quando era studente. In una delle sue agende, ad esempio, abbiamo trovato un foglio con un disegno espressionista di un'automobile e sotto a mņ di didascalia la scritta “ appunti per lezione di sociologia”: questo č rivelatore non solo della passione per le automobili, campo nel quale si applicherą pił di ogni altro, ma della consapevolezza che l'automobile non era un semplice prodotto industriale, ma qualcosa che rappresentava la nuova societą moderna pił di ogni altro oggetto (...) E non ci si faccia ingannare dal fatto che egli non ha prodotto volumi poi letti da migliaia di persone, perché la sua influenza (...) va valutata dai prodotti progettati e messi in produzione, oltre che dai pochi scritti. Si pensi alla 127 FIAT, la prima auto a due volumi, utilitaria a basso costo da cui discendono tutte le altre e che, venduta in milioni di esemplari in tutto il mondo, ha cambiato la vita di milioni di persone, o al trattore per la prima volta con la cabina per il guidatore – tesi di diploma alla HfG – una protezione che da allora, riducendo morti e infortuni ha salvato la vita a migliaia di agricoltori (...) Fin da piccolo aveva respirato l'arte ed č significativo che una volta adulto non abbia voluto fare l'artista alla maniera del padre, e neanche alla maniera del suo contrario, cioč nella linea concettual-dadaista in cui si inserirą Piero Manzoni o Pino Pascali, scegliendo invece la via del design di ereditą postbahausiana, che si era in parte reincarnata ad opera di Max Bill nella HfG dove si affermava la necessitą della “Gute Form”, la buona forma, perché l'arte in tutte le sue manifestazioni non č questione di vuota forma ma di contenuto della forma, forma etico-morale che risale alla bellezza buona e quindi morale dei greci».

GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Via S. Tomaso, 53 -24121 Bergamo
tel. +39 035 270272
fax +39 035 236962
www.gamec.it
 

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ha collaborato:
Nicola Mela

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