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 IL DESIGN E' UNA FARFALLA CHE ONDEGGIA SOLTANTO
 Intervista a Ilaria Marelli

Architetto e designer, Ilaria Marelli vive e lavora a Como. Dopo una collaborazione quinquennale al brand management di Cappellini, ha aperto nel 2003 il proprio laboratorio creativo che fornisce consulenza strategica di prodotto e comunicazione nel campo arredo, moda e arte, e sviluppa progetti di allestimenti e interior design. Ha disegnato prodotti per aziende come Cappellini, Zanotta, Nemo-Cassina, Fiam, Variazioni, Bosa Ceramiche, E&Y Japan, Euro3Plast, Tucano, Fabas Luce, Coin, Invicta ed è consulente per Tivoli audio. Ha progettato la linea di merchandising "vizi&virtù" per Lancia Ypsilon – collezione di accessori da auto e gadget sviluppata con Diana Eugeni – e realizzato pezzi unici per mostre internazionali. Nel campo dell'interior design ha disegnato il negozio di moda Aquagirl del gruppo World Japan a Tokyo Omotesando, ha seguito gli interni del bookshop-galleria d'arte FMR-ART'E' a Palazzo Colonna a Roma, e curato progetti d'interni privati e numerose installazioni. Nel campo della comunicazione si occupa di progetti d'immagine coordinata, comunicazione istituzionale, merchandising, grafica di siti, strategie aziendali. Ilaria Marelli è inoltre membro del Consiglio Italiano del Design, promotrice del primo progetto sul cohousing in Italia e di RAM – piattaforma di indagine sul design fatta dai designer ideata insieme a Tommaso Maggio – e dal 2002 svolge attività didattica come docente di Industrial Design presso il Politecnico di Milano e presso la Scuola Politecnica di Design di Milano. Ha tenuto presentazioni del proprio lavoro presso Domus Academy, IED, Università di Istanbul. I suoi lavori sono apparsi su volumi, art books e testate di settore quali Frame, Casa International China, Wall Paper, Interni, Domus, oltre a ottenere le copertine di Box, Elle Decor e a+d+m.


Dai tuoi prodotti, dai tuoi interventi, dal tuo approccio al mondo del design si avverte costantemente un sottofondo poetico, certe volte legato alla natura – ad esempio nel letto da fiaba Foliage proposto per la mostra I have a dream 2007, il tavolino Lucciolo di Zanotta o gli appendiabiti da parete Robin e Marian a forma di ramo d'albero o bouquet di fiori –, alla musica, alla fotografia, all'architettura... Insomma traspare la voglia di voler comunicare un'idea multi-disciplinare e che sia più vicina possibile al creare contatti fra le persone…
Per un designer può essere più interessante – a livello progettuale – un pranzo con il commercialista che dibatte sul suo/tuo lavoro, di quello con un collega con il quale si parte già con un bagaglio di "sofisticazioni" proprie della nostra formazione e professione. Per questo il guardare le persone "reali", i loro comportamenti, interpretare i loro sogni e, all'opposto, essere molto aperti al mondo dell'arte – che è sempre interprete e anticipatore di nuove sensibilità –, sono per me i due strumenti privilegiati per stimolare i neuroni creativi.
Per quanto riguarda il "sottofondo poetico" nel mio lavoro, è senz'altro una scelta progettuale precisa: sono convinta che il "bello" abbia anche una funzione educativa, e credo che far sorridere e far sentire bene le persone sia uno dei compiti che un designer deve svolgere attraverso la propria attività.

Passando dal Conservatorio all'Accademia di Comunicazione di Milano – specializzandoti in sound design – sei diventata oggi una tra le più ricercate designer italiane. Svelaci qualche segreto di questo tuo particolare percorso: punti salienti, impressioni annotate, personaggi determinanti…
L'attenzione al suono e alla musica, aspetti che sembrano "al di fuori" della mia attuale professione (il design è qualcosa che si vede, si tocca, ha un odore…), penso mi abbia dato una capacità d'ascolto (prima dote del designer!) e una capacità di vedere gli aspetti "immateriali" che spesso sono il cuore del progetto. Sovente mi è capitato di pensare che le architetture che "mi piacevano" erano spazi che "suonavano bene" – come le Terme di Vals in Svizzera, realizzate dall'architetto Peter Zumthor. L'incontro con le opere di Zumthor è tra i miei "incontri illuminanti", come con Laurie Anderson, Jodorowsky, Evgen Bavcar…

Cosa significa per te, se lo classifichi in qualche maniera, il design al femminile. Una maggior sensibilità espressiva, una particolare declinazione, un approccio materno verso il prodotto visto come creatura vivente, oppure proprio il contrario: uno sguardo complessivamente consapevole della differenza che c'è tra oggetto e creatura, fra lavoro e vita...
Si rischia sempre di generalizzare parlando di design al femminile: obiettivamente penso ci sia una sensibilità diversa, che tralascia il gesto creativo forte, per avere un occhio più attento ai piccoli gesti quotidiani, alla cura delle cose, proponendo una creatività "accogliente". Però non credo alle delimitazioni nette… non dimentichiamo che esistono designer donna più uomini degli uomini!

Parliamo un po' del design italiano, nel senso più generale che riusciamo a pensare. Siamo grandi esportatori di pezzi unici che contribuiscono, da sempre, a fare la storia del design. Al medesimo tempo siamo un popolo iper-spasimante per i creativi stranieri... Ed è un dato di fatto ormai che quelli italiani sono diventati la minoranza nelle aziende storiche più note. Secondo te, perché?
Perché – purtroppo per noi italiani – è diventato un po' di moda: il nome esotico fa più comunicazione, è il diverso che attira. Però in fondo non dimentichiamo che la contaminazione è stimolante e fruttuosa, e quindi ben vengano gli stranieri in Italia e ben vengano le ditte straniere che ricercano i designer italiani. Ci danno opportunità di viaggiare, conoscere altre culture, confrontarci.

Tra i tuoi numerosi progetti, la snodabile lampada-gioiello Chain – presentata ad Euroluce 2007 –, è un altro esempio della tua ricerca d'innovazione poetica sul prodotto. Potrebbe essere considerato un tuo oggetto icona?
Icona è una parola impegnativa, ma confermo che Chain è il prodotto in produzione che forse meglio sintetizza i temi che tengo a portare in un progetto: un'innovazione tecnologica non fine a se stessa ma che si sposa a nuovi modi d'uso, una dolcezza formale che non vuole però essere "modaiola", una ricerca sulla luce per metterla in grado di creare da sola un'atmosfera e di modificare un ambiente.

Un'altra caratteristica interessante è il tuo pensiero sull'abitare, sull'innovazione delle forme per l'abitare e per la sperimentazione di nuovi riti e modi di socializzazione. Non a caso sei promotrice del progetto sul cohousing in Italia…
Qui entriamo in un tema di grande complessità, che coinvolge aspetti sociali, economici e normativi. La "famiglia media" è ormai sempre più spesso travolta dallo stress della gestione di doppio lavoro, dei figli e di tutti i loro impegni, ma anche dal fare la spesa, dal pagare le bollette, dall'andare in palestra (perché pare non si possa essere più rotonde matrone felici).
Tutte le piccole azioni del quotidiano – senza un minimo di supporto – diventano un dispendio di energie, soldi, tempo. Il cohousing è una possibile soluzione: un vicinato amico, dove tornare a scambiarsi i favori, dove avere dei servizi in comune e un pezzo di verde, dove decidere insieme di ambiente e sostenibilità… una sorta di "nuovo" villaggio in città.
Perché me ne occupo? Perché vorrei dare un contributo positivo con il mio lavoro, che da una parte passi attraverso la "bellezza" degli oggetti (sono convinta che vivere in un ambiente "bello" spinga ad azioni positive), e dall'altra attraverso interventi su scala urbana in grado di promuovere nuove forme di socialità.

Attualmente fai parte della Nazionale Italiana Design. Puoi parlarmi di questa esperienza che, da 2 anni, ti vede protagonista, insieme ad un nutrito gruppo di colleghi?
Partite a calcio per ora non ne abbiamo fatte… devo dire che è più un divertissement, un'occasione per incontrarci e scambiarci opinioni sulle fatiche e le opportunità di noi "vecchi giovani designer italiani"… ed è stata anche un'operazione carina dal punto di vista mediatico, che ha contribuito a far puntare i riflettori su una realtà di design italiano spesso un po' trascurato a favore delle glorie straniere.

Con il progetto Ara – lampada da terra e da parete con diffusore orientabile –, hai vinto il premio Light of the Future 2004. Come tu stessa affermi, sei stata ispirata dal filo di luce verticale che entra la mattina tra le tende della tua stanza e dall'aspetto magico che può assumere una fonte luminosa. Vorrei cercare di capire con te quindi cosa significhi generare un'idea di progetto da un pensiero così leggero (che mi fa riflettere in particolar modo su quanto diceva Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane)...
I pensieri pesanti generano progetti pesanti… è invece importante mantenere la delicatezza, la leggerezza poetica e/o ironica della prima intuizione nel progetto finale.
Ara è in realtà un oggetto "monolite"; forse il più materico e fisico tra i miei progetti (io gioco spesso con materiali trasparenti, che sembrano lievitare…). Però il lungo taglio di luce verticale che smaterializza il nucleo dell'oggetto, lo trasforma in un monolite in grado di sprigionare luce, in maniera quasi magica.

Sei stata selezionata, per il contributo alla cultura del design, a far parte del Consiglio Nazionale Italiano del Design, istituito nel 2007 a Milano e composto da 53 figure chiave della creatività italiana. L'organo consultivo, voluto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, avrà compiti di studio, ricerca e sperimentazione per la promozione del design nella pubblica amministrazione e nelle aziende, per trasformare in cultura diffusa la cultura del design. Quale ruolo ritieni possa svolgere concretamente il Consiglio su una realtà come quella italiana e che ruolo desidereresti ritagliarti all'interno del consiglio stesso? Quali i tuoi dubbi, le speranze, le proposte…
Sono stata onorata da questa nomina inaspettata, e ho cercato nelle prime riunioni di mettere in campo due temi che reputo importanti per il futuro del design italiano: la salvaguardia del tessuto artigianale che è la ricchezza e qualità del prodotto italiano e la promozione del design italiano nel mondo.
Per ora gli incontri sono stati più sondativi della realtà esistente e dei possibili temi di intervento, in una realtà complessa come quella dei vari "feudi" nostrani (strutture, associazioni, enti formativi, aziende trainanti…).
Purtroppo negli ultimi mesi abbiamo avuto lo stop causato dalla caduta del governo, e quindi la fase più propositiva è rimandata alle decisioni post-aprile dettate dal nuovo governo. Non ci resta che sperare!

«La luce non può essere riprodotta, ma deve essere rappresentata attraverso un'altra cosa, attraverso il colore», affermava Paul Cézanne. Mi chiedo quindi se nel design come nella pittura può valere questo principio o come, secondo te, si rapportano luce e colore.
La pittura deve giustamente trovare un modo di rappresentazione… il design crea l'oggetto luminoso e quindi si pone in maniera completamente diversa: il colore è spesso una scelta in più rispetto a decisioni sulla qualità della luce, intensità, atmosfera ed emozioni che si vuol creare attraverso il rapporto.

Per la linea plus+ di Euro3Plast, hai firmato due progetti davvero degni di nota – i vasi Nicole e Trottola –, caratterizzati da forme gioconde e allo stesso tempo eleganti. Entrambi affrontano il tema del gioco fuori scala indagando l'opportunità di attribuire loro un ruolo di primo piano nell'outdoor contemporaneo. Serralunga docet.
Ho conosciuto Marco Serralunga all'inizio della sua "avventura" e ne ho subito apprezzato il progetto di intervento sull'outdoor… abbiamo anche provato a fare dei progetti insieme – ma purtroppo non siamo riusciti ad arrivare a un pezzo sul mercato. Mi ha fatto quindi piacere riprendere questa esperienza e utilizzare il know-how acquisito con questa nuova collezione diretta dagli amici Joevelluto. Un esperimento che, rispetto a Serralunga, vede oggetti meno "importanti" e punta più sul tono giocoso e ironico del progetto outdoor.

Per Variazioni, nuovo marchio italiano nel settore dell'illuminazione, oltre ad aver sviluppato l'immagine coordinata e l'art-direction, hai disegnato la prima collezione di lampade Diva e in occasione dell'edizione 2007 di Abitare il Tempo, l'hai ampliata progettando un allestimento al femminile e firmando un'edizione speciale: Nove Dive in cerca di autore – pezzi unici ispirati a icone femminili del mondo dello spettacolo, della moda, della cultura e della scienza. Puoi raccontarmi questa esperienza; l'approccio a un marchio nuovo, l'idea di una multipersonalità di prodotto – e magari anche che ruolo gioca, a tuo avviso, la serie limitata nel contesto attuale...
Credo molto nel prodotto "piattaforma" in grado di declinarsi con diverse espressività e personalità; ormai chiediamo sempre più spesso al prodotto sia di raccontare qualcosa di personale, sia di rappresentare il brand se siamo nel mondo del contract.
Variazioni è stato il primo progetto che ho seguito in questa direzione, ma ad esempio è una strada che ho aperto anche in Fiam, azienda che storicamente ha sempre lavorato sul pezzo "unico". Per loro ho, ad oggi, disegnato 2 collezioni di tavoli: Naxos e Accordo, modulabili alti e bassi, con piani di diversa forma, diversi posizionamenti delle gambe, abbinamenti di colori monocromatici, tono su tono o a contrasto… per una variabilità degli spazi e dei gusti nell'abitare.

La semplicità leggera del porta-cd Frame, del sistema di sedute Apple e la dinamicità del tavolino smontabile Cannot, mettono in evidenza un'altra frontiera – "nomade" e in continua evoluzione – della tua esperienza progettuale...
Ero giovane, mi viene da dire sorridendo, nel senso che qualche anno fa ero certamente più "ryanair generation", tenda e zaino in spalla, e questa cultura si rifletteva di più nei miei progetti. Oggi sono forse un po' più "signora", ma comunque nomade, mi piace da matti vivere nelle camere d'albergo e non a caso ho sempre vissuto in case "non di proprietà".
Penso che l'oggetto fisso e immutabile non faccia parte della mia sensibilità di progetto… i cambiamenti del vivere sono oggi sempre più veloci, c'è bisogno di capacità di trasformazione.

Cosa ti attrae in particolare, soprattutto per la progettazione relativa al product design: i nuovi materiali, le grandi potenzialità formali, l'enigma della trasparenza, il rapporto luce/ombra?
Senz'altro la luce con il suo rapporto di materiale e immateriale – con la sua capacità di cambiare il calore e il vissuto di un ambiente –, e le qualità materiche tattili degli oggetti.

Bruno Munari, a proposito della lampada Falkland disse: «Un giorno sono andato in una fabbrica di calze per vedere se mi potevano fare una lampada. "Noi non facciamo lampade, signore". "Vedrete che le farete". E così fu.» Certo, stiamo parlando di Munari, della sua straordinaria idea e degli anni '60. Ma cosa sarebbe successo al giorno d'oggi? Penso che sarebbe veramente interessante poter tentare nuovamente questo esperimento per vedere come gioca, anche su un potenziale del genere, l'insicurezza: primaria caratteristica sia imprenditoriale che del singolo privato di questi ultimi anni. Qual è il tuo parere?
Capita ancora… quando ho rintracciato un aquilonista che potesse produrmi 1000 aquiloni per l'installazione di Pitti – lui che produceva "aquiloni seri" per voli acrobatici –, non era convinto di queste farfalle che non volavano ma ondeggiavano solo… L'installazione però è stata un successo e l'aquilonista si è aperto un nuovo canale di "proposta" per i suoi prodotti – eventi e allestimenti.
In generale la capacità di leggere in un savoir-faire produttivo la possibilità di utilizzarlo in maniera differente è da sempre una delle capacità del designer.

Per Pitti Immagine hai progettato numerose installazioni: Il Giardino delle Farfalle e Affinità ElettivePitti Bimbo 2006 –, Il Bosco Incantato e Tutti al marePitti Bimbo 2007 –, CavePitti Uomo 2008. Un sodalizio durevole, di gran prestigio e – anche considerando che il video de Il Giardino delle Farfalle ha partecipato alla mostra collettiva Il paesaggio mobile del nuovo design italiano organizzata da La Triennale di Milano –, di incontestato successo. In questo tuo modo di progettare mi sembra di notare soprattutto una voglia di creare un comportamento, una trama quanto più comune possibile che riesca a coinvolgere le persone nel loro modo di vivere, agire e relazionarsi – con lo spazio, l'ambiente e gli oggetti. Tutto intervenendo senza imperativi e pressioni dettate dalle mode del momento. Quanto di vero (se c'è) in quel che ho percepito?
Certo, più che moda è un ricordo delle fiabe dell'infanzia. Le installazioni per me sono il momento in cui creare "fascinazione"… il fatto di vedere le persone che restano "meravigliate" all'interno dell'ambiente che ho creato è una delle esperienze più appaganti del mio fare progettuale.

Dulcis in fundo: progetti per il futuro e consigli per un futuro; inteso e rivolto alle migliaia di giovani aspiranti designer ma non solo…
Dopo tante creature artificiali, nei piani futuri c'è anche una bella creatura viva e strillante… e un bel progetto a Dubai, ormai lo fanno tutti!
Come consiglio per gli aspiranti designer, ma non solo, non perdere mai entusiasmo e curiosità.


Ilaria Marelli
Via Mentana, 12
22100 Como (Italy)
T +39 031 2491906
F +39 031 2759859
www.ilariamarelli.com

Fiam Italia
www.fiamitalia.it
Coincasadesign
Coincasadesign
Invicta
www.invicta.it
Nemo-Cassina
www.nemo.cassina.it
Euro3 Plast
www.euro3plast.com
World Co. Ltd
www.world.co.jp
Zanotta
www.zanotta.it
Duepuntosette-Erreti
www.erreti.com
Cappellini
www.cappellini.it


Ulteriori informazioni sul volume antologico di IdeaMagazine.net


Da maggio 2011, il testo della presente intervista è disponibile anche in versione cartacea nell'antologia Interviste sul progetto. Dieci anni di incontri col design su IdeaMagazine.net recentemente pubblicata da Franco Angeli nella Collana ADI - Associazione per il Disegno Industriale.
Compresa la presente, nel volume sono raccolte 30 interviste – pubblicate on line dal 2000 al 2010 – che offrono al lettore un interessante resoconto «fenomenologico» su tre ambiti operativi della cultura del progetto assai poco frequentati dalla «comunicazione» sul design: il «nuovo» design italiano, il progetto in Toscana, il design al femminile.

Interviste sul progetto.
Dieci anni di incontri col design su IdeaMagazine.net

Umberto Rovelli (a cura di)
Franco Angeli - Milano
Collana ADI - Associazione per il Disegno Industriale
1a edizione 2011 (Cod.7.8) | pp. 264
Codice ISBN 13: 9788856836714

 ulteriori informazioni » 



a cura di: 
Federica Capoduri 


 IM Book 
Da maggio 2011 è disponibile il volume antologico «Interviste sul progetto. Dieci anni di incontri col design su IdeaMagazine.net» in cui è stata inserita questa intervista
I.

II.
III.

IV.
V.

VI.
VII.

VIII.
IX.

X.
XI.

XII.
XIII.

XIV.
XV.

XVI.
XVII.

XVIII.
XIX.

XX.
XXI.

XXII.

ha collaborato:
Ruth Miriam Carmeli
Umberto Rovelli




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