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 DESIGN FLUIDO PER IL TERZO MILLENNIO
 Isao Hosoe (designer, Politecnico di Milano), intervento al Convegno
 I Volti di Dedalo. Seconda Giornata dell'Innovazione Formale


Parlerò di cose che sono già state dette migliaia di volte, in particolare da tre importanti figure del passato, in tre diversi luoghi, circa 2500 anni fa. Il primo personaggio che ha affrontato il tema si chiama Laotze ed è considerato il padre del Taoismo. Laotze vedeva il mondo come composto di fluidi, di aria, di acqua; sapeva che la vita è fluida ed attribuiva molta importanza al vuoto. Il secondo personaggio appartiene alla storia dell'Antica Grecia, Eraclito, noto per la sua frase panta rei, tutto scorre, e fu uno dei primi a comprendere l'importanza del cambiamento, della continua modificazione cui è soggetta la realtà. Terzo personaggio, Budda; uno dei principi del Buddismo è l'impermanenza, la consapevolezza che ogni cosa che ha forma inevitabilmente scompare. Questi tre personaggi mi spingono a formulare, all'inizio del terzo millennio, certi principi fondamentali su cui ripensare il design e l'innovazione formale.
Il design, cioè il progetto, è un po' come gettare il sasso in avanti. Questo sasso che cade nell'acqua crea una serie di onde concentriche; una parte di esse va avanti nel futuro, mentre un'altra parte torna indietro, addirittura nello stesso punto in cui questo sasso è stato gettato, coinvolgendo quindi direttamente il progettista. Immaginate se, anziché cadere sulla superficie dell'acqua, questo sasso cadesse su un vetro temperato, o sul ghiaccio: cosa accadrebbe? Sicuramente il sasso creerebbe un foro, e questo una serie di distruzioni in frammenti. A differenza di quello che accadeva con la superficie dell'acqua, però, in questo caso non avverrà sicuramente una propagazione di una serie di onde ad anello. Questa constatazione è propria anche del pensiero di Henri Bergson che nella prefazione del suo capolavoro, L'évolution créatrice, avvertendo il pericolo del pensiero fondamentale della modernità basato sulla logica dei solidi, affermava che questa è sicuramente capace di capire il mondo materiale meglio di ogni altro strumento ma per quanto riguarda l'essere umano, il mondo naturale, la logica dei solidi non è così affidabile, non è così forte da poterla considerare uno strumento di comprensione generale.
Ecco, proprio da questa intuizione di Bergson sono partito nell'elaborazione di alcuni pensieri, nel tentativo di rispondere a domande quali: cos'è il design? come nasce la forma? se è vero che la forma degli oggetti deriva dalla cultura e se la cultura del moderno era fondata sulla logica dei solidi, cosa succederà se questa si scioglie, diventa maggiormente fluida? Forse, cambierebbe anche il mondo della forma, il mondo del design.
Analizziamo quindi alcuni elementi fondamentali della logica dei fluidi.
L'onda, che viaggia alla massima velocità - in alcuni casi addirittura pari a quella della luce - nell'oceano Pacifico, quand'è in movimento, può benissimo essere calcolata in forma matematica; ma quando si avvicina alla costa si rompe, cioè perde la sua continuità, diviene un oggetto discontinuo e può essere spiegata solo attraverso i principi della geometria frattale di Mandelbrot, che è considerata, insieme alla teoria delle catastrofi di René Thom, una fra le teorie che possono spiegare il mondo della natura.
Secondo elemento: il vortice, tanto amato da artisti come Van Gogh o da antiche popolazioni come quella dei Celti e che, insieme all'onda, costituisce probabilmente la parte principale del fluido. Il vortice da solo non può esistere, c'è sempre una controparte, come azione e reazione, e quindi ha qualche analogia con il mondo biologico in cui appare evidente l'importanza della coppia e della simmetria. Il vortice assume diverse dimensioni: pensiamo agli uragani che misurano fino a centinaia di chilometri di diametro o alla struttura della Via Lattea che in pianta ha la forma di un vortice.
Ma l'acqua, in grado di viaggiare a mille chilometri all'ora o di assumere una forma dinamica come quella dei vortici, può anche presentarsi in uno stato molto quieto, come uno stagno, e quindi il fluido non ha una sua forma - elemento questo che ci stimola a creare qualcosa di interessante.
Guardiamo ora al mondo della sabbia. E' vero che la sabbia è solida, composta com'è di frammenti di roccia; ma è altrettanto vero che questi frammenti, quando arrivano ad una certa piccolezza, si comportano come fluidi. L'essenza della sabbia mi ha da sempre interessato, proprio perché è supportata anche dall'altro principio del Buddismo che dice che la verità sta nel mezzo. La corda di un liuto, ad esempio, se fosse troppo tirata si romperebbe, poco tirata non farebbe musica e quindi deve essere usata nel modo giusto. Ecco dunque che la sabbia rappresenta la verità di Budda.
A questo punto la sabbia mi ricorda una situazione che ho vissuto in Marocco a Marrakesh una quindicina di annni fa quando mi è capitato di vedere un gruppo di impiegati che stavano lavorando nel loro ufficio "nomadico". Questi sedevano sotto qualcosa che non era materico: l'ombra e non l'ombrello. Quando il sole si spostava si alzavano muovendo lo sgabello.
Questa scena ha ingenerato in me una cosiderazione di natura storica sulla nostra cultura. Stiamo forse vivendo l'ultima fase dell'industrializzazione durata 200 anni: qualcuno ha chiamato questa condizione postmoderna, qualcuno postindustriale, altri informatica, ma comunque siamo nella parte matura dell'industrializzazione che è arrivata solo da 200 anni, che sono un niente rispetto ai 1000 anni della cultura agricola. Se noi consideriamo l'epoca precedente alla cultura agricola, vediamo che addirittura siamo stati per ben 200.000 o 300.000 anni cacciatori nomadi: una forma di cultura che abbiamo forse dimenticato poiché non basata sugli oggetti.
La mia intuizione è questa: analizziamo la cultura dei cacciatori nomadi - la freccia più si tira indietro, più vola in avanti - e quindi nell'anticipare, che la parola progetto ci suggeriva, probabilmente qualche cosa di interessante può essere trovato nel passato. Così ho fatto una serie di comparazioni tra la cultura agricola, industriale e dei cacciatori nomadi, relativamente al rapporto con le risorse, il mondo dei sensi, le dinamiche del vivere. Molte di queste considerazioni sono ovviamente opinabili, però alcune ci danno anche qualche idea costruttiva per affrontare il III millennio.
Per esempio il concetto del possesso pare sia nato nella cultura agricola, con il terreno. Nella cultura industriale possesso è diventato consumo, quindi noi siamo diventati consumatori, cioè coloro che distruggono. Ed ancora, dal punto di vista sessuale, l'agricoltura era molto femminile: toccare, curare, accarezzare; mentre la cultura industriale era molto maschile. Nella società dei cacciatori nomadi probabilmente non veniva attribuita tanta importanza alla differenziazione dei sessi. Da questa brevissima analisi sulle tre culture arrivo a dire che se è vero che il mondo del design, dell'industria e più in genere degli oggetti è fatto di energia materiale, è altrettanto vero che esiste anche l'energia comportamentale. Penso che probabilmente il problema fondamentale della società industriale attuale è che abbiamo sviluppato moltissimo, grazie alla scienza e alla tecnologia, la logica dei solidi, l'energia materiale, però relativamente all'energia comportamentale abbiamo veramente fatto ben poco. Ecco, gran parte dei problemi della società industriale nascono da questo squilibrio tra energia materiale ed energia spirituale.
Molte lobbies industriali, e anche tanti professori, che propongono soluzioni ecologiche, affermano che è necessario non toccare la produzione dell'energia materiale perchè altrimenti le industrie dovrebbero subire moltissime e traumatiche trasformazioni. A parer mio, invece, non dobbiamo tanto lavorare in questo modo, quanto cercare di aumentare l'energia comportamentale. Cerchiamo di minimizzare la produzione di energia materiale, mentre proviamo a massimizzare la produzione di energia comportamentale. Non so esattamente cosa questo significhi, cosa siano concretamente queste energie comportamentali, come si possono generare. Probabilmente, se andiamo ad imparare dalle memorie lasciate dai cacciatori nomadi, troveremo indicazioni in merito.
Per non lasciarvi alla sola teoria vi mostro un oggetto che va nella direzione che prefiggo: un pezzo di carta piegata che non è nientaltro che il depliant di una mostra che ho curato sull'autore di questa carta - Miura Koryo, professore alla Tokyo University - che è stato anche consulente scientifico per NASA.
Questo intendo per design dell'energia comportamentale.


Firenze 
27 / 04 / 2000 

Convegno organizzato da:
Centro Studi
G.K.Koenig
e Artex
per Regione Toscana

Redazione:
Giuseppe Lotti

I.
II.
III.
IV.
V.
VI.

hanno collaborato:
M.Angeles Fernández Alvarez
Elena Granchi
Sonia Morini





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