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 RICHARD-GINORI DAL 1735 MANIFATTURA E DESIGN


Nove Progetti per Richard-GinoriTentare di rinverdire il dialogo tra altissimo artigianato, cultura materiale e contemporaneità è una delle tematiche che più hanno coinvolto, sul finire del '900, molti materiali «tradizionali» come argento, rame, marmo, alabastro, ghisa, ceramica e – non ultima certo per rilevanza – la porcellana. Tra le occasioni progettuali che hanno segnato questo costante tentativo di «riannodare i fili» del gusto tra un glorioso passato e l'incerto futuro produttivo spiccano i Nove Progetti commissionati da Richard-Ginori – ormai vent'anni addietro – ad altrettanti designer ed artisti.
In tale occasione, in una breve ma intensa narrazione, Anty Pansera seppe ricostruire con grande efficacia la storia imprenditoriale dell'attuale Richard-Ginori: un racconto che confina e si intreccia con la costruzione di una identità territoriale che ancora oggi marca il «senso» profondo di un luogo.
Con la speranza che entrambe queste pagine possano contribuire alla conoscenza del ruolo e dei nessi fra territorio e qualità del lavoro proponiamo ai nostri lettori tutti i materiali dell'ormai storico – e introvabile – catalogo edito da Richard-Ginori nel 1990.



RICHARD-GINORI DAL 1735 MANIFATTURA E DESIGN
di Anty Pansera



1735-1896-1990: dalla Manifattura Ginori di Doccia alla Società Ceramica Richard-Ginori, frutto di un connubio tosco-lombardo, all'attuale Porcellane Richard-Ginori sono trascorsi quasi tre secoli: di storia della porcellana e della ceramica made in Italy. Trenta decenni, allora, durante i quali si sono sapute sapientemente coniugare tecnologia e innovazione con la creatività degli artigiani/artisti prima e dei designer poi. Dall'«ardimento d'animo» e dalla «tenacità di proposito» del fiorentino marchese Carlo Ginori che a Sesto Fiorentino, nella sua Villa di Doccia, a otto chilometri da Firenze, propose la prima versione italiana di porcellana dura agli esperimenti – iniziati a Milano già nel 1824 – di Giulio Richard, si è giunti così, mutati i tempi, le mode, le convenzionalità d'impresa, all'imprenditorialità della Finanziaria Pozzi-Ginori, che ha teso a rinnovare con coerenza forme e decori e a sottolineare la differenziazione della produzione dell'azienda: manufatti d'uso quotidiano e pezzi più preziosi, attrezzatura per il privato e per la collettività, oggetti ornamentali non più destinati solo ad integrare la decorazione della tavola, ma con una propria autonomia di decoro, complementi d'arredo firmati, come le bomboniere, di nuovo di moda, le scatole da té, le campanelle, le fruttiere...

E', ancora una volta, la riprova della vitalità della filosofia originaria che vide Doccia, fin dalla sua apertura, impegnata in articolate scale produttive, dalle più raffinate lastre di porcellana colorate o dorate a quelle bianche, dalle maioliche, alle terre gialle: dalle apparecchiature per la tavola a quelle per laboratori, dai fornelli alle stufe, dagli isolatori in porcellana all'«arredo urbano», e meglio sarebbe dire public design: cuscini o sedili per ornamento di giardini, statue, gruppi e vasi in terracotta, etichette per la nomenclatura di piante, cartelli per i nomi delle strade e per la numerazione delle case...
«Pasta bianca», allora, per la sottile porcellana – materia essenziale che può essere di supporto alle più disparate soluzioni decorative – che si realizza a Doccia, dove si sono sempre rivisitate le forme e i decori del passato sia riutilizzando le tecniche più antiche che mettendo a punto nuove tecnologie. Ma si è stati anche, costantemente, «al passo con i tempi» e con quell'evoluzione del gusto che si è sancita con la collaborazione dei più significativi operatori del settore: artisti/artigiani prima, proto-designer e designer poi.

Numerosissime sono certo state le «imprese» ideate dall'illuminato marchese, ma certo «per vastità di proporzioni e per prosperità di successo» – scriveva già nel 1861 Carlo Lorenzini, più famoso con il suo pseudonimo Collodi, in occasione della Esposizione Italiana di Prato di quell'anno –, è la manifattura delle ceramiche di Doccia che si andò nel tempo consolidando e ampliando: e alla ricerca di sempre migliore qualità materica e produttiva – dalle fornaci rettangolari al forno a cilindro verticale a quello circolare, a ben quattro piani... ai macchinari, nell'Ottocento, per «gettare a colo» i pezzi di maggior dimensioni – non si è mai disgiunta l'attenzione per la forma e il decoro.

Già alla seconda Esposizione Internazionale, a Parigi, nel 1855, menzione onorevole fu assegnata a quel Giusto Giusti – inviato anche come osservatore a Londra nel 1851 –, al quale, in quell'età tesa al recupero del passato, si debbono anche lo studio e il ripristino dei processi per la riproduzione delle maioliche d'uso del XIV e XV secolo.
E siamo già alla quarta generazione dei Ginori, alla direzione (dal 1838), di Lorenzo Junior e di Carlo Benedetto, che porterà, nel 1896, alla fusione con la milanese Richard & C., produttrice, dal 1873 di elaborate terraglie per i «piatti di tutti i giorni» utilizzati in tutta Italia – i decori (fiori e colori, scene caricaturali e stemmi d'epoca) all'inglese –, ma anche pezzi più raffinati, nell'utilizzo di tecniche più sofisticate, come l'incisione su rame.

Questa periodizzazione ormai storicizzata – e che è riproposta anche dal Museo della Richard-Ginori ordinato, dal 1965, a fianco della manifattura di Sesto Fiorentino, che offre la possibilità (nell'inesistenza, in Italia, di spazi pubblici dedicati alle arti applicate e decorative e al design), di ripercorrere, con rigore cronologico, una delle storie della via italiana all'artigianato e al design – è infatti, e per ben due secoli, all'insegna dei discendenti Ginori.
Di Carlo – allora –, per gli esordi: e si ricorda la creazione di tipi plastici e pittorici caratterizzanti, come i vasi a doppia parete, l'esterna ornata a bassorilievo e traforata, Gaspare Bruschi, il geniale capo modellatore e progettista dei trionfi e delle figurine della commedia dell'arte.

All'«età» di suo figlio Lorenzo I (1757-1791) si deve l'arricchimento del catalogo di «complementi d'arredo», diremmo oggi (mensole, cornici, specchiere, mascheroni...) e un potenziamento della ricerca di smalti e lustri cangianti «alla maniera rinascimentale» mentre sotto la direzione del marchese Carlo Leopoldo (1805-1837) si inizia a produrre bisquit alla maniera francese e, acquistati i modelli della Reale Manifattura di Napoli, a realizzarli.
I decori pittorici ripropongono soggetti storici e mitologici, i più propri di questa fase inserita nell'età Romantica: mentre con Lorenzo II (1838-1878) e Carlo Benedetto (1879-1896), si semplificano poi le forme e si propongono ornamentazioni e plastiche frutto dei revival storicisti, dell'interesse per il mondo classico e rinascimentale (vasi all'Ercolano, all'Etruria figure pompeiane, greche e corone d'alloro o di quercia... zuppiere a forma di tripodi, zuccheriere a forma di pisside...).
Anche gli stili esotici non sono trascurati e si definiscono ornati tratti da prototipi cinesi, mentre la tavolozza si arricchisce, si brunisce l'oro e si opacizzano i colori.

Nel passare dei decenni, le modellature e gli elementi decorativi continuano dunque a mantenere una loro eleganza, grazie alla costante presenza di artigiani/artisti che contribuirono anche alla messa in forma e al decoro di «linee» ancora in produzione: l'«Antico Doccia» dalla linea essenziale e il prezioso decoro, il bianco «Vecchio Ginori» dalle falde tratteggiate a onda... che è stato in grado di «reggere», come l'«Impero», anche l'applicazione di colori e segni dell'oggi. Numerosi i pittori chiamati a realizzarli e a progettare servizi personalizzati destinati alle grandi famiglie italiane, dai Lorena ai Savoia, alle casate d'oltralpe – e si lavorò per Maria Luigia d'Austria, consorte di Napoleone e per l'imperatore austro ungarico Francesco II –, e d'oltremare (per il kedivé d'Egitto).

Dopo il 1896 – un ampliamento significativo si era già avuto nel 1870 con l'accentuazione del carattere industriale (con la produzione di porcellane per usi elettrici e telefonici) – si apre, per certi versi, una nuova stagione, anche se, dalla parte della storia della decorazione, è più corretto riportarla a quel 1902 che, con l'Esposizione di Torino, sancisce il trionfo del Liberty anche in Italia; e in Richard-Ginori la si celebra anche con la produzione di un vaso a figure muliebri ispirato proprio al manifesto di Bistolfi per la manifestazione torinese.
Un ciclo, questo, che potrebbe andare fino al 1954, al Congresso internazionale di Industrial Design alla Triennale di Milano: e, da allora, ancora da strutturare, un sesto ciclo, all'insegna proprio del disegno industriale contemporaneo.
I primi decenni del Novecento avevano visto all'art direction Luigi Tazzini, che al ritorno dall'Esposizione Universale del 1900, aveva rielaborato e improntato la produzione all'insegna dell'Art Nouveau riconvertendola poi a riecheggiare il Modern Style di derivazione austriaca e tedesca, geometriche le linee, tendenzialmente astratte le decorazioni.

Nel 1923 – ma probabilmente in maniera informale già dal 1921 –, lo sostituisce Giò Ponti: la stagione pontiana della Richard-Ginori è certo testimonianza di una svolta e rappresenta anche l'esordio dell'architetto e designer nel campo della cultura figurativa.
Interessato profondamente a questo tipo di produzione, che rinnoverà profondamente nel corso di un quindicennio, a quell'«industria – avrebbe scritto nel 1933 – (che) fa stile e genera stile... (che) è la maniera del nostro tempo», Ponti progetta decori che rappresentano di fatto, nel loro insieme, un sistema di segni codificati, pensati già per essere applicati su forme diverse, piatti, ciste, vasi...
II suo «decoro», insomma, concretizza una ricerca di segni non casuali che si compongono in stretta connessione con l'oggetto cui vengono «applicati», incorporandosi con la materia.
E i disegni preparatori sono «parole» che, di volta in volta, si aggregano a formare frasi sempre diverse; le radici in un mondo classico reinterpretato con chiarezza ma anche con scanzonata e sottile ironia.

E il «Grand Prix» all'Exposition Universelle di Parigi, nel 1925, è la verifica di una scelta. Lo sostituirà Giovanni Gariboldi, una figura non ancora completamente riscoperta né valorizzata, anch'egli con alle spalle, come Ponti, una formazione all'Accademia di Belle Arti di Brera; vi si diploma nel 1926, lo stesso anno in cui entra in Richard-Ginori dove diventerà direttore artistico dal 1946 e per tutto il decennio Sessanta, sempre attento alla produzione di grande serie e ai problemi dell'immagine (suoi anche l'allestimento dei numerosi negozi).
Proporrà forme sinuose, più in linea con i tempi e con il Neo-liberty, il Compasso d'Oro – prestigioso e ormai storico premio d'industrial design, allora alla sua prima edizione – di cui fu insignito nel 1954 per il servizio «Colonna», impilabile, multiuso numerosi suoi pezzi – sancirà l'interesse e il «passaggio» dell'azienda al design. Nuove esperienze, allora, per questo secondo dopoguerra che vedeva nascere e trionfare il disegno industriale italiano: e la produzione di San Cristoforo punta su tipologie nuove, su oggetti sanitari per la prima volta «firmati» da Ponti ma anche piastrelle e pannelli da parete di Ponti ancora e di Gariboldi.

Dal 1967 poi, una nuova acquisizione, quella delle Ceramiche di Laveno (fondate nel 1856), che porta in dote l'ambita eredità raccolta tra le due guerre, nel decennio Venti e Trenta soprattutto, di Guido Andlovitz, antagonista allora di Ponti, che saprà superare le nostalgie Liberty di Giorgio Spertini e le raffinatezze romantico-floreali di De Ambrosis, Reggiori, Jacopini... per proporre soluzioni scenografiche dall'immediata espressività, freschi i toni di gran presa su un largo pubblico e molto apprezzata la sua «più libera vena» (R. Papini) dalla critica.
E ripropone motivi di vita settecentesca con spirito caricaturale e briosa modernità, alternati, nei decori, a citazioni delle Wiener Werkstätte.
Il suo coordinamento porterà ad un'immagine inconfondibile anche se chiamerà ad operare, per i pezzi unici, alcuni scultori, come Angelo Biancini (incise in oro le sue raffigurazioni classiche) e più tardi Antonia Campi, che lo sostituirà poi alla direzione artistica dell'azienda, che era stata fondata da tre «fuoriusciti» dalla Ceramica milanese di San Cristoforo – Carnelli, Caspani e Revelli –, già con un taglio industriale per produrre terraglie fini (le decorazioni con scene risorgimentali o riprese da stampe all'inglese con arabeschi) e mattoni refrattari, ma che affronterà poi anche altre tipologie, dagli apparecchi sanitari agli isolatori.

Sono anche altri i nomi dei designer da ricordare, nella Richard-Ginori, arrivando alla cronaca degli ultimi decenni. Gae Aulenti, ad apertura del decennio Settanta, svolge per qualche tempo un ruolo di art direction, curando una nuova immagine per i negozi: curiosa cromia (rosso, blu, verde prato, arancio) della serie dei suoi portacenere dalle sagome cilindriche a taglio trasversale, sagoma che si ripropone negli spargisali.
1973 data il servizio di bordo dell'Alitalia, firmato in team da Joe Colombo e Ambrogio Pozzi (con la collaborazione di Ignazia Favata), particolare la forma del piatto che ne permette l'inserimento sul vassoio, in rilievo il «bottone» al centro del piattino, per meglio stabilizzare le tazze.
Di Mario Bellini il prototipo di un servizio, studiato nel 1974, a rivisitazione del Floreale, esplicita reazione al geometrismo imperante: cilindri a reggere corpi cavi per coppe e insalatiere, senza manici le tazze, contenitori pluriuso, a onda l'ala del piatto, rovesciata a toccare la tavola.
A Massimo Vignelli, invece, si deve il progetto per un servizio «personalizzato» commissionato dalla Ciga, che ripropone a forma caratterizzante la geometria del marchio della catena, il quadritondo, «falso cilindriche» le tazze il cui manico, un mezzo cerchio, raccorda il bordo con il piede.
Roberto Sambonet inizia invece, nel 1979, una collaborazione che porta, quello stesso anno, alla definizione di un grafico empilage di un sistema da tavola (con la collaborazione di Augusto Salviato). Con lui si ripropone la filosofia di non omogeneizzare formalmente i diversi pezzi, a sottolineatura invece delle diverse determinazioni funzionali.

Industrial designer allora e, per seguire una moda, anche degli stilisti – Claudio La Viola e Enrica Massei (la rilettura della tradizione dell'azienda caratterizza l'intervento del primo, mentre la seconda «gioca» con pezzi unici, a «vestire» il più liberamente possibile la tavola – ed anche un maître à cuisine come Gualtiero Marchesi, che ha volutamente capovolto il rapporto piatto-cibo, assegnando a quest'ultimo il ruolo da protagonista: uguali allora i tre piatti, modificata solo la dimensione del «girello» centrale.

Anche il «Centro Design» interno ha continuato, negli anni e continua a innovare, rappresentando e testimoniando il momento di proficua continuità creativa. In porcellana «Ariston», così, al servizio Epsom (1976) dal bordo stondato è succeduto il più geometrico Oxford (1978) e Belvedere (1978) dalla linea ottagonale, mentre in terraglia, sempre nel decennio Settanta, si sono progettati i servizi Paiolo (1972), Gabbiano (1973) e Golf (1975).
In porcellana, invece, alla ripresa della ricerca, nello stesso periodo, si è proposto il servizio Sou-ki (1972) ed è stata così messa a punto la forma Eco (1972) da cui deriverà nel 1973 la linea Altair, curiosamente impilabile, che si evolverà nella Eco 80 (1979), un servizio «su misura» per la quotidianità ma anche per occasioni più impegnative, coordinate le pirofile/piatti di portata dell'oggi, e, nel 1977, Orione. Nel decennio appena concluso hanno visto la luce il servizio Europa (1980) e la forma Il/La (1988) – sulla quale si possono applicare segni d'ogni tipo, recuperati o appositamente creati, come Il volo proposto da un artista, Antonio Paradiso – e Costellazioni (1989), dalle morbide rotondità, zigrinate quasi a contrasto, le prese, diversificati i decori.
Per gli anni Novanta Richard-Ginori propone infine un servizio Italia '90, progettato da Francesca Mascitti Lindh che si rifà all'essenzialità del design nordico ammorbidito dal calore di una gamma cromatica e da una serie di motivi decorativi italiani.

Attenzione al fatto del giorno ma «previdenza» per il futuro: dal 1987, infatti, Richard-Ginori ha iniziato a bandire dei concorsi, aperti agli studenti degli istituti d'arte, per offrire alle scuole una possibilità di verifica con il mondo del lavoro ma anche per dotarsi, in un certo qual modo, con le «Nuove Espressioni», di una «banca designer» del domani.



Anty Pansera
Critica e Storica dell'Arte e del Design

settembre 1990 



Anty Pansera. Milanese, laureata in Storia della critica d'arte all'Università Statale, dal 1996 al 2008 ha insegnato "Teoria e storia del disegno industriale" al Politecnico. Dal 2001 insegna all'Accademia di Belle Arti di Brera. Nel febbraio 2010 è stata nominata Presidente dell'I.S.I.A. (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) di Faenza. Nell'aprile 2010 è stata cooptata nel board dell'FHD, Fundaciò Història del Disseney (fondata a Barcellona nel 2007). Ha partecipato alla costituzione dell'Associazione D come Design e ne è stata eletta presidente. Critico e storico dell'arte e del design ha pubblicato numerosi studi sui temi del disegno industriale e delle arti decorative/applicate, recuperando le radici della loro diffusione moderna nelle Biennali di Monza e nelle Triennali di Milano: il primo, Storia e cronaca della Triennale, Longanesi 1978. Ha curato numerose rassegne e convegni sulle arti decorative e sul design e affrontato nuovi media quali il video e il CD rom (anche per la Regione Lombardia, 1995). Con Victor Margolin e Federick Wildaghen ha progettato e realizzato il primo Convegno Internazionale degli storici del design, Tradition and Modernism: design 1918-1940, Milano, Museo della Scienza e della Tecnica, maggio 1987 e ne ha curato gli Atti (L'Arca edizione). Ha collaborato e collabora a quotidiani italiani ("II Giorno", "II Sole 24 ore", "II Mattino" di Napoli), a periodici di politica culturale ("II Moderno"), e a riviste italiane e straniere del settore.


Museo della Manifattura di Doccia - Richard Ginori
museo@richardginori1735.com
www.museodidoccia.it




testo: 
Anty Pansera 

I.

II.
III.

IV.
V.

VI.
VII.

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X.
XI.

XII.
XIII.

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XVI.
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