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 LA RICHARD-GINORI DI GIÒ PONTI IN MOSTRA A ROVIGO


Fino alla fine di giugno 2009, due grandi esposizioni a Rovigo manifestano il costante interesse nei confronti dell’intreccio fra una realtà produttiva di grande rilievo storico, culturale ed economico per il territorio toscano e una complessa e poliedrica personalità di architetto e decoratore che è stato, tra l’altro, altissimo interprete della classicità nel raro e prezioso terreno della ceramica: la Richard-Ginori e Giò Ponti.
Nella propria autobiografia Ponti, rievocando gli anni della prima guerra mondiale ricorda «l'enorme impressione che ebbi vivendo [...], nei periodi di riposo dal fronte, in edifici del Palladio con la possibilità di vederne più che potevo». Nulla di strano, quindi, che la mostra Déco. Arte in Italia 1919-1939 si apra anche al grande architetto e designer, riservandogli una sezione a Palazzo Roverella ed una speciale allestita nella Palladiana Villa Badoer a Fratta Polesine.


DÈCO. ARTE IN ITALIA. 1919-1939

Dal 31 gennaio 2009 – e fino al 28 giugno 2009 –, Palazzo Roverella propone una grande esposizioni d'arte dedicata al periodo del Déco in Italia – termine che indica uno stile, un gusto che segnò nelle diverse arti il periodo compreso tra i due conflitti mondiali ed esprime la ricerca di una modernità tesa a superare la mera funzionalità delle forme aggiungendo ad esse eleganza e persuasività.
Il termine Art Déco o più brevemente Déco fu coniato negli anni '60 del secolo scorso come ricapitolazione critica condotta dagli storici di uno stile o, più correttamente possiamo dire di un gusto che aveva segnato nelle diverse arti il periodo compreso tra i due conflitti mondiali.
Come sovente accade per la storia dell'arte, fu il riconoscimento a-posteriori di temi e di formule figurative riconducibili ad un comune denominatore.
E' possibile definire il Déco come manifestazione di un gusto non fondato su precise teorizzazioni – in questo si è voluto vedere la discontinuità con l'Art Nouveau – ma assai diffuso in tutte le manifestazioni artistiche rivolte, come si diceva, alla ricerca di una modernità che intendeva superare la mera funzionalità delle forme aggiungendo ad esse eleganza e persuasività. Possiamo quindi accettare il termine Déco come sinonimo di un'idea di moderno, non di modernista. L'Art Déco, affermatasi negli anni '20 e '30 e caratterizzata da numerose sfaccettature, si ispira alle geometrie dell'universo della macchina, alle forme prismatiche delle costruzioni metropolitane e a modelli di una classicità altrettanto persuasiva nei propri canoni di eleganza. Il termine Art Déco era facilmente passato dal ristretto mondo degli specialisti al largo pubblico che rapidamente si è impadronito di questa etichetta evocativa di una moda.

La critica aveva potuto cogliere un possibile avvio della stagione dell'Art Déco nella Exposition Internationale Arts Décoratifs et Industriels des Modernes tenutasi a Parigi nel 1925, sottolineando, quindi, un primato della Francia.
Ma anche l'Italia partecipa con una posizione del tutto originale all'affermarsi di tale gusto. La mostra intende quindi documentare alcuni aspetti esemplari connessi alle arti decorative al fine proprio di offrire le possibili sfaccettature con le quali il gusto déco si presenta in Italia: così accanto alla cartellonistica viene presentata in particolare la produzione che l'architetto milanese Giò Ponti realizza per l'industria ceramica Richard-Ginori, produzione significativamente premiata proprio alla Esposizione di Parigi del 1925.

Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con Accademia dei Concordi e Comune di Rovigo – a cura di Dario Matteoni e Francesca Cagianelli; direzione della mostra: Alessia Vedova –, la mostra si articola in 11 sezioni:Inflessioni decorative del Déco / Verso nuove sintesi / Orizzonti esotici / Vittorio Zecchin e Murano: Déco tra vetri e dipinti / Divagazioni futuriste / Geometrie del Futurismo / La severità del Déco / Il sogno dell'antico / Giò Ponti: intorno alla Richard-Ginori / Déco scolpito / Il Déco nella grafica.


GIÒ PONTI IN CASA PALLADIO

In contemporanea con la grande mostra Dèco. Arte in Italia. 1919-1939, molte opere dello stesso periodo di Giò Ponti sono ospitatte a Villa Badoer di Fratta Polesine, villa capolavoro di Andrea Palladio, in una preziosa esposizione dedicata alle creazioni per la Richard-Ginori e non solo. A promuoverla è la Provincia di Rovigo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la collaborazione della Regione del Veneto.

Come afferma il curatore della mostra, Dario Matteoni, «Ponti è senza dubbio una delle una delle figure centrali del gusto déco e non soltanto in Italia. Nei pezzi disegnati per la manifattura Richard-Ginori le forme non sono mai banali e i decori mostrano scene e piccole figure nelle quali la citazione archeologica, l’eleganza neoclassica, l’ispirazione palladiana è sempre unita alla levità e all’ironia. Nella produzione di Ponti convivono pezzi di grande raffinatezza come le ciste di ispirazione archeologica, e ad un tempo prodotti anche per il mercato corrente nella manifesta volontà di diffondere modelli nuovi, ma soprattutto artisticamente di qualità anche per oggetti d’uso comune.
«L’impegno di Ponti nella diffusione del gusto déco appare ancora più emblematico se si considera il fatto che egli si rivolgeva ad una committenza borghese intellettuale e moderna e che sotto la sigla Domus Nova si impegnò per una produzione di mobili per un grande magazzino come La Rinascente. Ed è proprio l’aver compreso, come egli stesso scriveva, che l’industria è la maniera del ventesimo secolo, è il nuovo metodo di creare, il senso della sua modernità».

Nel 1928 Ponti fonda Domus: nelle pagine della rivista pubblica esempi di architettura e di arredo in linea con la sua poetica, e nello stesso tempo illustra le esperienze di maggiore novità che si stanno sperimentando in Italia e all’estero. Nel primo numero della rivista, nell’editoriale, Ponti presenta la casa italiana: «E’ di fuori e di dentro senza complicazioni, accoglie suppellettili e belle opere d’arte e vuole ordine e spazio fra di esse e non folla o miscuglio».
Come nota Manolo de Giorni, «il rapporto di Giò Ponti con la manifattura Richard-Ginori basterebbe a smentire tutti i luoghi comuni più classici sulle priorità nella formazione di un architetto secondo le quali l’architettura si configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore di risulta». La poetica pontiana non si sarebbe quindi costruita così solidamente senza quella palestra fondamentale che gli verrà garantita nel suo doppio ruolo di direttore artistico e progettista tra il 1923 ed il 1930 nell'azienda toscana.

Le serie ceramiche pontiane per Richard-Ginori elaborano uno scatto in avanti del substrato classico della cultura figurativa italiana verso una nuova modernità. Da una parte c’è una classicità lontana che copre l’aspetto tipologico dell’oggetto dall’altra c’è una classicità di «secondo grado» già digerita e rielaborata che copre invece l’aspetto materico e decorativo dell’oggetto (quella veneta cinquecentesca legata a Palladio e alla cultura del bianco, del neutro glaciale della pietra di Verona e degli stucchi lucidi riflettenti con polvere di marmo). «Palladio» – come noterà la figlia Lisa – «è geneticamente dentro Ponti per motivi biografici: quando Giò Ponti nomina Palladio come suo maestro pensava alla perpetuità, termine palladiano. E da giovane gli era avvenuto di "dormire dentro Palladio" in ville palladiane abbandonate e deserte, durante la prima guerra mondiale). Il riduzionismo di Palladio gli è necessario come strumento di moderna semplificazione e non appena ci sarà la rivista Domus ci sarà anche nel primo numero un doveroso omaggio con un Itinerario Palladiano su un pieghevole a due pagine».

La mostra presenta selezioni di mobili disegnati da Giò Ponti per gli arredi di case milanesi tra i quali vale la pena notare il divanetto di casa Ritter disegnato nel 1930, una spendida serie di ceramiche e alcune opere plastiche modellate, La terra promessa – coppia di vignaioli che sorreggono un grosso grappolo d’uva –, Il poeta – raffinata figura in abito settecentesco – e ancora le due versioni del Levriero modellati dallo scultore toscano Italo Griselli. Ponti assumeva dalle arti figurative contemporanee soggetti facilmente stilizzabili quali slanciati levrieri o maschere ghignanti (si vedano le tre erme presentate in mostra) così da imprimere alla manifattura di Doccia un indirizzo aderente al gusto internazionale del Dèco. Da segnalare ancora il vaso ovale in maiolica Le mie donne – Donatella, e i due rarissimi piatti in maiolica del 1923 – Euridice e Orfeo – che anticipano atmosfere metafisiche e ancora due vasi con figure femminili e vegetazioni prodotti per la sigla Domus Nova diffusa dai grandi magazzini de La Rinascente.


Giò Ponti alla Manifattura di Doccia (1923-1930). Nessun altro artista ha trasformato la produzione Richard-Ginori in modo tanto radicale quanto Giò Ponti tra il 1923 e il 1930. Ottenuto l'incarico di direttore artistico della società poco dopo la laurea, ideò un programma di rinnovamento integrale che coinvolgeva le forme e i decori delle ceramiche, ma anche la grafica dei cataloghi, i manifesti, le foto pubblicitarie e i loghi delle varie linee di prodotti. Lo stile di Ponti per Richard-Ginori è una originale interpretazione dell'Art Déco in voga in quegli anni. Per l'architetto milanese l'apertura alle più aggiornate tendenze europee non poteva prescindere dall'affermazione di un linguaggio tipicamente italiano, radicato nella tradizione culturale e artistica del paese. Sculture e suppellettili etrusche, architetture palladiane, maioliche rinascimentali sono solo alcuni degli spunti da cui egli trasse ispirazione per elaborare forme e decori di assoluta modernità. Nel 1925, alla Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi le ceramiche di Ponti ricevettero il Grand Prix, il riconoscimento più prestigioso della giuria, e il padiglione Richard-Ginori fu letteralmente preso d'assalto dal pubblico che si contendeva tutto ciò che usciva dalle casse inviate dalla manifattura. Da Milano Giò Ponti seguiva assiduamente le varie fasi di realizzazione dei suoi disegni grazie a una fitta corrispondenza e a frequenti visite a Doccia dove si eseguivano, tra l'altro, le maioliche dipinte a mano e le porcellane decorate in oro graffito con la punta d'agata. Il carteggio e i disegni autografi conservati presso l'archivio del Museo di Doccia, restituiscono in modo diretto, con la vivacità e l'eleganza delle figure e delle parole manoscritte, la sua personalità artistica e il suo metodo di lavoro.



Déco. Arte in Italia 1919-1939
31 gennaio - 28 giugno 2009
Palazzo Roverella - Rovigo
phone +39 0425 460093
info@palazzoroverella.com
www.palazzoroverella.com

Giò Ponti in Casa Palladio
Fratta Polesine, Villa Boadoer – Rovigo
dal 21 febbraio 2009

Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia
viale Pratese, 31 - 50019 Sesto Fiorentino (FI)
phone: +39 055 4207767
museo@richardginori1735.com
www.museodidoccia.it



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ha collaborato:
Ahmed N. Mahmood