CERCA IN IDEAMAGAZINE.NET

 

 PALTERER 1982-2002. Architettura e altre storie


Palterer 1982-2002. Architettura e altre storie è il titolo del primo volume della neonata collana di monografie che l’editrice Vallecchi di Firenze dedica ad architetti e designer contemporanei.
Curato da Norberto V. Medardi, il volume racconta e propone l’iter progettuale dell’architetto israeliano – fiorentino d’adozione – come un suggestivo percorso sulle immagini e sull’ossessione magica che l’immagine determina.

Di grande impatto emotivo, le quasi 200 pagine a colori – cui seguono una quarantina di brevi testi di commento – sono introdotte dal saggio In pericoloso equilibrio di Lara-Vinca Masini ed offrono l’opportunità di approfondire la conoscenza di un architetto designer che ha mantenuto straordinari e fortissimi contatti con arte e artigianato.
Figura inusuale nel panorama italiano, Palterer unisce alla raffinatezza concettuale e formale propria dell’architetto di terza generazione, un caldo e nemmeno troppo sotterraneo trasporto e fascinazione nei confronti della materia, del contrasto decorativo che si produce “lavorando” – a caldo e a freddo – la materia; in ultima analisi della collaborazione e coinvolgimento del “corpo” all’esecuzione del progetto.
E come a sottolineare questa peculiare allure dell’autore, in Palterer 1982-2002. Architettura e altre storie, la sensuale preponderanza del figurativo rispetto al testo – tra l’altro frammentato in una serie di flash – sembra concentrata a ricreare l'impatto emozionale e sorgivo dell’opera architettonica e dell’oggetto di design più che “spiegare” – e quindi a “piegare” descrivendolo – ogni progetto, alludendone piuttosto le origini, le premonizioni, il contesto – anche inteso come vissuto biografico.
Se ogni progetto è evento complesso, umano, alchemico e, talvolta, “accidentale” – come l’intervento del corpo lascia presagire –, una “meccanica” o un “metodo” del progetto non si daranno mai a noi per via “diretta”; di tale evento potranno semmai essere addotte giustificazioni, accennato l’incidere dell’occasione per dar conto di un esito.
L’excursus proposto traccia dunque un iter complessivo dell’opera di David Palterer – dalla tesi di laurea ai progetti in corso – che è anche il racconto di una crescita emotiva e professionale, un impadronirsi della tecnica attraverso il “fare”, la poiesis; quasi un lento procedere verso il dominio di – ovvero l’abbandono a – una ossessione, attraverso simulacri e icone rituali.

Due decenni di attività caratterizzati in primo luogo da prodotti di artidesign – per usare l'espressione cara a Filippo Alison e Renato De Fusco – come le opere in vetro e cristallo - materie prime cui l'autore ha dedicato molto del proprio talento poetico – ovvero come Fauno, Tritrono, Sedotta e Abbandonata che, pur rappresentando bene la complessità del segno e delle intenzionalità progettuali di Palterer, spesso – proprio in ragione della loro eccellenza – tendono a porre in secondo piano l'impegno e il prestigio degli esiti architettonici.
D'altro canto riduttivo e falso – anche se suggestiva ipotesi – sarebbe intendere questi vent'anni come un percorso linearmente direzionato "verso l'architettura": la progressiva "crescita" di un raffinatissimo autore di oggetti che nel gioco del design abbia acquisito man mano l'autorevolezza necessaria per fare architettura. Riduttivo perché – soprattutto dagli anni '60 in poi – il '900 è il davvero il secolo in cui la sottile ironia del designer può osare di convivere nella seriosità dell'architetto; falso perché il nomadismo disciplinare, culturale e reale – tra Africa, Oriente e Occidente – che permea il segno progettuale e la sapiente manipolazione della materia di Palterer, è partecipe tanto della vita del giovane autore quanto della sua maturità.
Così, senza apparente contrasto accanto alla miracolosa eleganza della teiera in argento per Cleto Munari troviamo l’intelligente ristrutturazione del Teatro Niccolini a San Casciano; le splendide realizzazioni in vetro di Edizioni Galleria Colombari, la già citata poltrona Fauno e i vasi Teke progettati per Zanotta, si affiancano ai grandi centri commerciali; gli interni del ristorante Chichibio a Mito in Giappone si alternano agli ultimi allestimenti espositivi e ai progetti di Nyon, Pisa e Calenzano; le collezioni in vetro "cotto" realizzate per Sardinia Crystal si specchiano nella strepitosa copertura vetrata del MOPA fiorentino.

Forse – se di crescita autorale vogliamo parlare in un progettista che ha fatto dell’arguzia e della levità un tratto distintivo di sé – nell'attività di Palterer possiamo leggere l'avvertibile evoluzione che si è col tempo prodotta nelle nozioni/azioni di materia lavorata e decorazione.
Il ritmo, la capacità di racconto implicita nel segno ondulato tipico del suo gesto personale sembrano oggi “parte di” una più estesa consapevolezza, della sovrintesa persistenza di un ritmo e di un tempo in cui è lo stesso autore ad abitare; un tempus-kairós – come nella lettura di Giacomo Marramao – , crogiolo e miscela propizia di tempestas e temperatio che ancor prima di esprimere un'individualità costituisce un patrimonio comune, si condivide ed è in un ambiente.
Rivelante a tale proposito il progetto fiorentino del Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore in cui la perspicacia allestitiva dimostrata da Palterer nelle wunderkammer si sublima in qualche misura proprio a confronto con la più tangibile testimonianza della tradizione plastica fiorentina. E ciò si avverte non soltanto nel dominio assoluto della scena in ambiti a luce artificiale ma anche – o forse soprattutto – nella grande corte interna: nella duplice "partitura" decorativa – gli elementi di collegamento e la copertura – offerta dall'artificio all'estro mutevole e sovrano della luce naturale.

Mai “assoluti” gli oggetti e le architetture di Palterer appaiono oggi sempre più “contestuali” tanto da essere contraddistinti da un partecipato e arrendevole pathos in cui la provocazione si stempera in dolcezza. C’è qualcosa di mite nel Palterer maturo che forse vent’anni fa non era ancora emerso appieno; così come sempre meno forzati ed eccentrici ci appaiono i suoi divertissement, le dissimmetrie, gli “innesti”. Quasi che – pervaso da un’ecologica consapevolezza del prevalere terreno dell’impermanenza – Palterer e i suoi progetti subissero l’impronta di un tempo ed un ritmo che, com'egli stesso afferma, “deve essere seguito. Perché se viene fatto troppo in fretta o troppo lentamente l’oggetto non nasce".



Palterer 1982-2002. Architettura e altre storie
a cura di Norberto V. Medardi
2002, Vallecchi, Firenze

© 2002 Studio d'Architettura Palterer
© 2002 Vallecchi Spa
Via Maragliano 6 int
50144 Firenze
www.vallecchi.it
Testo:
Umberto Rovelli

I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.

TOP