OH! NIRICA. QUANDO I SOGNI INCONTRANO LA MATERIA
 OTTO LUOGO DELL'ARTE


Possono arte e design trovare un territorio d'incontro e confronto nel rinnovato interesse per la nozione, ormai desueta, di «mestiere»? Sognare è un'urgenza, un bisogno, una necessità – ovvero uno dei significati storicamente rivestiti dal «mestiere». Ma se il sogno è «mestiere» quest'ultima «occorrente» necessità non dovrebbe, forse, essere assimilata al comune compito ermeneutico che si dischiude al momento della nascita per ognuno di noi nei confronti del senso dell'esistere? Ben al di là d'essere vacuo «sonno della ragione» che genera mostri, il «mestiere» e le abilità del sognare andrebbero allora intesi come ulteriori «talenti» tramite i quali l'uomo diviene in grado di «costruire il senso», ovvero tessere in rete di significati, legittimi quanto azzardati, quel che d'inafferrabile e d'inesprimibile è il segreto del mondo e dell'interiorità. Segreti inaccessibili, materia perenne d'illazioni e congetture, ch'eppure – nonostante o fors'anche in ragione del loro permanere inattigibili –, offrono in dote all'umanità la grazia di trascorrere il ritaglio esistenziale concessoci in coerente sinergia con la consapevole ineluttabilità della sua fine. Ai «mestieranti» del sogno – cui è demandato il sacro compito di suggerire e proporre come abitare «poeticamente» la nostra peculiare frazione di contemporaneità –, è stata dedicata nell'autunno 2011 un'interessante esposizione a Firenze presso una galleria che, programmaticamente fin dal suo nascere, ha inteso proporsi innanzitutto come «luogo». Un'offerta spaziale – che sia porto, agorà, officina, fabbrica o laboratorio non sappiamo ancora – per un'arte in grado – non importa se per arguzia, cultura, sapere fabbrile, intelletiva o corporea compromissione degli autori – di invertire una rotta ormai da tempo puntata verso la fine dell'umanesimo. A Olivia Toscani Rucellai – direttrice della galleria –, Mauro Lovi – ideatore e curatore della mostra – e Filippo Maria Ricci – cordinatore del progetto espositivo insieme a Olivia Toscani Rucellai – il nostro plauso insieme ai migliori auguri per l'interessante progetto culturale avviato anche nei confronti della città. Al fine di rendere partecipi i nostri lettori, almeno parzialmente, dell'ottima proposta espositiva di «Otto Luogo dell’Arte», abbiamo realizzato un compendio iconografico delle opere in mostra dal 24 settembre al 7 dicembre 2011 e proponiamo, qui di seguito, sia il breve testo di presentazione della mostra di Ugo La Pietra, sia l'ampia e scrupolosa «postilla» scritta dall'art director Mauro Lovi.


OH! NIRICA. QUANDO I SOGNI INCONTRANO LA MATERIA
di Ugo La Pietra


All’inizio degli anni Ottanta li chiamavo oggetti «fatti ad arte»: progetti e opere in cui cercavo di sviluppare il rapporto, da troppo tempo interrotto, tra la cultura del progetto (artisti e designer) e la cultura del fare.
Sono passati ormai trent’anni, e il mondo dell’arte e del design ha ripreso con grande vivacità la collaborazione con chi ha ancora la capacità di lavorare la materia.
Mi riferisco a lavorazioni artigianali tradizionali ma anche alla sperimentazione e applicazione di nuovi materiali e nuovi procedimenti.
Noto anche che è sempre più frequente il caso di artisti che, dopo i decenni di interesse verso «la concettualità», hanno saputo coniugare questa categoria con la «spettacolarità».
Mi sembra che la collezione coordinata da Mauro Lovi per «Otto Luogo dell’Arte» con Olivia Toscani Rucellai raccolga il grande fermento che in questi ultimi anni si sta sviluppando nel mondo delle arti applicate.
Artisti che, con la propria capacità fattuale o facendosi aiutare da artigiani locali, hanno dato vita ad una serie di oggetti carichi di valori allusivi e simbolici intorno al tema del dormire e del sognare.
Il letto abbarca di Mauro Lovi, ispirato alle navi fenicie e alla loro navigazione notturna, è un po’ l’oggetto simbolo della mostra intorno al quale sono state raccolte opere di quaranta artisti (di diversa età, estrazione culturale e nazionalità).
Due cose importanti sono da riconoscere a questa mostra: la prima è quella di aver coinvolto i vari artisti attorno a un tema così che l’oggetto, oltre ad esprimere i valori del «fatto ad arte» e la propria funzione, si carica di significati che alludono al tema proposto.
La seconda cosa importante è che le opere progettate dall’artista sono firmate anche dall’artigiano che le ha realizzate, confermando così la vocazione della Galleria che ha sempre messo in evidenza, oltre al valore creativo, anche l’interesse per tutte le tecniche di lavorazione artigianale, utilizzando in molti progetti le maestranze dell’artigianato toscano, sia per l’uso di tecniche tradizionali che di alta tecnologia.
Un percorso, quello della galleria Otto, che attraverso le precedenti mostre e le future in programmazione, dimostra la sensibilità e la capacità di porsi all’interno di un contesto internazionale (quello del Craft Europeo) aiutando così il nostro «sistema» ancora troppo carente di Istituzioni (Enti, Musei, Scuole) e di mercato (galleristi, collezionisti, quotazioni) rispetto a quello internazionale
Ugo La Pietra
Milano, agosto 2011 



OH! NIRICA, FIGLIA DI ONEIROS!
di Mauro Lovi


Una luce fioca a raso sulla mia destra illumina il foglio su cui sto annotando alcune considerazioni su Oh! Nirica, in una fresca mattina di luglio con ancora in testa le vie fluide del sogno e non ancora emerso nei ritmi della veglia. Ho aperto gli occhi e mi è venuta in mente la scena della sera precedente, quando nel coricarmi seduto ai bordi del letto mi sono sdraiato, distendendo la gamba sinistra (sul letto di Ulisse dormo sul lato destro), ho alzato la gamba destra da terra, e mi sono trovato disteso rivelto (come diceva mia madre), ho tirato a me un lenzuolo (velo) e mi sono velato (coperto). In quel momento ho avuto la stessa sensazione di quando in barca, sciolte le gomene dalla bitta del porto, pigi il piede contro la banchina, ci si stacca, e poi lo tiri in barca; da quel punto nulla, se non la memoria, ti lega alla terraferma. Quello che fino a quel momento era il tema del tuo reale diventa ricordo, emozione ecc., cose della mente. Ora c’è il mare, un altro modo di stare al mondo. Un’altra dimensione, un’altra tua dimensione. Quindi mi sono trovato rivelato dal lenzuolo sul mio corpo come ogni sera, per proteggerlo, sudario del giorno e vela per la notte.

Quando l’idea di Oh! Nirica è venuta fuori, cercavo da tempo un armatore che costruisse una nave, con un equipaggio di artisti, per andare ad esplorare le regioni del sonno e del sogno. Olivia, una donna decisa, preparata e temeraria quanto basta per superare le secche del conformismo artistico, ha armato la nave, il mio letto abbarca, chiedendomi di selezionare l’equipaggio, la crew, come si dice oggi, con cui ci si confrontasse con l’ideazione di oggetti che ci circondano per il nostro sonno e il sogno, lavorare con la materia nel lato onirico. All’inizio pensavamo ad una decina di artisti, poi invece sono diventati quaranta di cui più sotto traccio alcune note di lettura sul loro lavoro. Perché la materia indagata per la sua complessità e fascinazione ha bisogno di più esploratori percorrendo e proponendo molteplici punti di vista. Ho pensato al letto abbarca per questa traversata per andare ad incontrare Nirica, figlia di Oneiros, per continuare il ciclo di letti con questi riferimenti sulla navigazione notturna: ad oggi ne avevo realizzati due, il letto di Ulisse per Megalopoli nel 1989 e il letto damare per Buonaccorsi nel 1997. Forse i motivi di questa passione progettuale per questo luogo/oggetto, va ricercata nelle mie lunghe frequentazioni periodiche con lui per malattia. Questo nuovo letto vuole essere un pensiero alla storia del Mediterraneo, del nostro mare/inconscio collettivo, un omaggio al popolo dei Fenici e a tutti gli altri che lo hanno attraversato in lungo e in largo. I Fenici sono stati i primi ad effettuare la navigazione notturna per la loro capacità di leggere i riferimenti celesti. Ho progettato il letto/barca chiedendo notizie sulle barche e sulla navigazione fenicia durante una visita al museo del Bardo di Tunisi all’amica Marisa Famà, Direttore dell’Area archeologica dello Stagnone di Marsala dove al suo interno è adagiata la magica isola fenicia di Mozia.

Di seguito le promesse note sui lavori degli artisti in ordine alfabetico.

Stefano Breschi. Vive sulle colline di Camaiore, in una casa laboratorio, luoghi mitici dell’arte degli anni settanta, qui avevano casa Raffaele Carrieri, Franco Russoli, Adolfo Saporetti ecc. A lui scultore ho chiesto una riflessione sul cuscino: sia come concetto, sia come massa, sia come materia. Partendo dal sonno, azione che compiamo sopra di esso, ha fatto due ipotesi, il sonno pesante e il sonno leggero. Su queste ha realizzato due cuscini, uno pesante in terracotta bianca dove nella sua conformazione esprime il concetto di pesantezza e uno leggero in cellulosa che ci comunica volatilità e di questo ha fatto una luce. Un apporto decisamente disciplinare e preciso come solo chi è abituato a dare senso alla materia sa gestire.

Marina Calamai. Da Firenze, un lavoro che tramite il linguaggio pop ci propone una elegante terapia. Un lavoro di sublimazione della materia dolce (dovuto come ci dice lei ad un suo problema con i dolci). Una raffinata ricostruzione di dolci, dolcetti, dolciumi raffigurati in tre dimensioni e proposti fuori scala, quindi in quattro dimensioni, le tre classiche più il fuori scala, che ingigantendo il problema lo analizza e lo esorcizza attraverso la costruzione con materiali di tessuto. Ci propone un grande profiterole dove possiamo affogare le nostre ansie con questo morbido dolcione molto accogliente tra l’altro senza neanche sporcarsi tutti di cioccolata. E’ la proposta per un mobile terapeutico per i single e per tutta la famiglia.

Simone Caldognetto. Nato a Milano, lavoro a Lucca. Con lui scultore, abbiamo molto discusso su come possano le relazioni tra materia e materiali, pesi, dimensioni e massa, essere ridotte, sottratte, mantenendo comunque un pattern espressivo leggibile. In queste occasioni in più ho inserito nel dibattito la variabile uso. I suoi recenti lavori in basso, direi, bassissimo rilievo, realizzati con carte e cartoni a pressione passati dal torchio da incisione, mi hanno incuriosito e abbiamo pensato all’utilizzo di questa tecnica per l’oggetto di Oh! Nirica. Quindi Simone ha scelto il tema del copriletto realizzato con il cartone con impressi i suoi motivi geometrici, ma chi usa il copriletto di cartone è un senzacasa che vive per strada, quindi ci consegna questo gesto altamente poetico e commovente, per nulla ironico, per far dormire, fare casa, con eleganza e bellezza anche chi questi concetti li può possedere solo nel suo interno.

Giovanna Caminiti. Dalla Calabria, un architetto che realizza piccole cose poetiche sognanti, lavora con tenerezza e magia, elabora il simbolo casa attraverso segni sintetici, materiali poveri e crudi, materiali che sembrano raccattati sulle spiaggie della sua terra antica. Spiaggie come un luogo importante del sogno, luogo di confine tra la terra e il mare: «l’inconscio». Il lavoro di Giovanna è importante perché affida alla sintesi poetica emozionale la sua passione per l’architettura, la casa, un’opera finale che è una casa da tenere in casa, per far riparare i sogni durante il giorno e i pensieri durante la notte rendendoli al mattino.

Federico Caruso. Scultore nato a Milano, vive a Firenze. Un ottimo conoscitore delle tecniche della lavorazione del marmo, nel suo raffinato caldo e minimale showroom di Firenze si ammirano sculture di figure umane con tagli molto contemporanei realizzati con lavorazione antica, con marmo statuario ed invenzioni e riletture di oggetti d’uso. Come l’oggetto per il nostro progetto, dove è elaborato un comodino in marmo rosso con forma cilindrica attraversato da una fessura a forma di esse da cui esce una luce azzurrina.

Silvia Cheli. Di Firenze, un’artista con molti interessi in vari linguaggi artistici, per Oh! Nirica ci propone una scatola con gli utensili per il sonno ed il sogno. Lei si è concentrata e ha lavorato sulla fase dell’addormentarsi. Ha costruito una scatoletta di legno che somiglia molto alle scatole dove mettiamo attrezzi per il disegno e la pittura o strumenti di alta precisione. In questo contenitore ha raccolto in piccole ciotole semi-sferiche di terracotta: barbiturici, camomilla, pecorelle, ecc. Sempre collegato all’opera, vi è inoltre un cd contenente un video, dove un uomo in giacca e cravatta con la maschera da caprone e la valigia 24 ore salta la palizzata: l’azione si ripete in loop per 19 minuti. Sempre per riuscire ad addormentarsi.

Roberta Cipriani. Architetto, marchigiana di origine, ma da tempo vive a Firenze. Ha lavorato con il fuoco, simbolico, rappresentato e reso fisicamente reale, con un caminetto all’alcool, da appendere in una stanza, da trasportare con sé, appenderlo e farlo funzionare in qualsiasi posto. Un caminetto nomadico realizzato in ferro, con un taglio ruvido, che ha qualcosa di arcaico, dove le fiamme intagliate nella lamiera pesante, hanno la forma del fuoco. Quasi come una rilettura del contenitore del fuoco sacro dei popoli nomadi antichi.

John-Paul Delaney. Inquieto amico dall’Irlanda. Ha vissuto per anni a Roma. Ha fondato il sito «Art Process» dove gli artisti pubblicano sequenze del loro lavoro. Per Oh! Nirica ci presenta un’opera a prima lettura cruda, molto ruvida, ingombrante, dal titolo: «un luogo del sogno». Diventa invece una fiaba irlandese se letta nel suo processo creativo, dove l’artista nota un materasso in un ruscello, ecc. La potrete leggere poi nel catalogo. Elaborazione di un materasso, che squarciato diventa un petalo aperto, forse un sesso femminile, luogo del sogno dell’omino del materasso del ruscello che ci dormiva sopra. Un luogo mitico, presentato in linguaggio pop-punk. Racconto vitale, anche nel senso di appartenenza alla vita. Una lezione di elaborazione della materia, un ruvido elegante richiamo, semplicemente Arte, grazie John-Paul per la tua intransigente sincerità espressiva.

Gumdesign. Gabriele e Laura da Viareggio. Architetti e designer, nel loro lavoro puntuale e rigoroso come il «design» che buona scuola impone, ci regalano un oggetto (o meglio tre) a funzione poetica. Un contenitore di sogni con la circonferenza come limite, scelta da loro, penso perché non ha angoli, come il simbolo del cielo e per traslato delle cose aeree. Circonferenza realizzata in marmo dalle vicine apuane. Circonferenza marmorea dove all’interno è intrecciata una trama (questa sì con angoli anche molto stretti) fatta con strisce di tessuto. Una ragnatela per farvi impigliare i sogni, un quaderno rotondo con le righe, irregolare come lo sono i sogni. E di queste riletture di un oggetto antico, ci propongono tre che idealmente stanno uno dentro l’altro, e anche questo appartiene alla proprietà dei sogni.

Mimmo Di Cesare. Scultore palermitano e cosmopolita. Un grande raffinato lavoratore della materia e dei materiali di cui ha frequentato ogni tipologia esprimendone ogni dimensione. Qui ci regala un sole da casa, un suo sole, il sole della sua terra. Ce lo presenta in legno scurito quasi un aristocratico souvenir, un legno che ha raccolto tutti gli anni per tutti i giorni il sole della sua Sicilia e che il mare gli ha consegnato a Castiglioncello dove oggi vive. Un’opera dove il sole e la sua luce resa flebile regolata attraverso il dimmer, ci permette di abbandonare la luce diurna ed entrare con il sole all’interno del sonno e del sogno verso mezzanotte.

Sabrina Giovannini + Silvia Vercelli. Lucchesi, due architetti con la passione del design e del verde, memori di un progetto che le ha impegnate per diverso tempo, un parco pubblico nel comune di Capannori inaugurato da poco, ci regalano un cuscino di terracotta con dentro terra cruda e dove si può posare la testa direttamente tramite un’apertura dove nasce l’erba. Un richiamo al contatto con la terra. Posare la testa sulla terra attraverso il segno-filtro di un cuscino. Riposarsi, riflettere, fantasticare, posare la testa sul prato anche in studio, dopo il progetto realizzato del parco, fare un lungo respiro.

Jung Uei Yung. Dalla Corea che vive a Olso, un’artista che lavora modellando un tipo particolare di rete, realizzando calchi, inserendo elementi modellati come facce, corpi e oggetti. Ci regala per il nostro tema una sua opera, un cuscino di rete con inserti di perline, a formare costellazioni. Casa dei sogni materializzati, come i fragili origami all’interno che, calati osmoticamente dalla testa quando sogna, si trattengono nella struttura più prossima che trovano, il cuscino, cristallizzando per il giorno strutture cartacee, protette dall’irrompente chiarore chiassoso della veglia con una rete leggera.

Ho Khan. Cinese da Nanchino, sono molti anni che vive a Milano. Frequentatore delle avanguardie storiche del secondo dopoguerra che ha incontrato e vissuto in prima persona nella sua decennale permanenza in Italia. In questi anni sta lavorando sulle composizioni geometriche più vicine alla tradizione cinese, rilette attraverso le sue esperienze. Ha quasi sempre dipinto nel piccolo formato. Per Oh! Nirica ci regala due quadri, brani di pittura da mettere a capoletto, che parlano di due culture, l’occidentale e l’orientale, e alle due culture, foriere di possibili fruttifere convivenze. Strutture meditative (mandala che compiuti, vivono poi la loro impermanenza attraverso la luce, la loro visione e percezione cambia con vari tipi di luce), esattamente come la dimensione non permanente prodotta dal sogno.

Liù Jung Yen. Da Taipei, un copriletto derivato da un quadro di Liù, mentre sempre da un suo dipinto stiamo lavorando ad un arazzo. La pittura di Liù utilizza i colori in modo simbolico, alcuni riferiti alla tradizione cinese come il nero, il giallo con parti di rosso. Queste campiture lievemente corrugate in alcune parti, si distendono in grandi spazi in composizioni a schema triangolare, sempre con grande rigore armonico. Il tutto è dipinto con una tecnica espressionista astratta. Composizioni che però possono suggerire piani di lettura diversi, dove figure archetipiche raccontano di barche, di mare, di montagne, di vulcani. Forse gli anni degli studi all’Accademia di Brera a Milano lo hanno fatto giocare con il sogno, e con la nostalgia, distillando gli elementi delle sue radici, guardandoli da lontano e nello stesso tempo fissandoli sulla tela confrontandosi con le tecniche delle avanguardie storiche.

Sue Kennigton. Da Londra, ha iniziato subito a lavorare stimolata dal tema del copriletto, dove poteva sperimentare i tessuti e la loro coloritura, un’esperienza nuova per lei. A lei che è una raffinata e splendida pittrice, si è aperta una nuova situazione creativa, dove si è avventurata con grande entusiasmo producendo un lavoro pieno di autenticità e cromatismi nuovi, che rispetta il livello eccellente della sua cifra espressiva. È come se sulla sua superficie si fossero addensate stratificazioni di gioie, ansie, emozioni, e riccioli e palpitazioni. Sognare sotto questo copriletto particolare in dimensioni da lettino, immagino ci deve rendere un po’ del timore e desiderio di addormentarsi che ci prende quando siamo piccoli.

Sabine Korth. Fotografa proveniente dalla Germania. Ho pensato a lei subito, per i suoi lavori fotografici, lavori estremamente onirici. Risultati delle sue ricerche tra foto e psicologia, anche con confronti complicati e difficili, vissuti con dolcezza, attraverso laboratori terapeutici di fotografia per pazienti con disturbi psichici. È riuscita a rendere con la strutturazione di immagini composte, l’idea di come può lavorare il sogno. Ci ha portato un lavoro composto di tre cicli di composizioni di foto visivamente oniriche e uno specchio per la camera. Lo specchio come portale del percorso d’introspezione dove verifichiamo la corrispondenza del nostro essere sentito con la forma che vediamo riflessa. Uno specchio dove intorno ci sono a cornice una sequenza di polaroid, penso di situazioni riferite a questi viaggi.

Matthew Licht. Scrittore statunitense con una lunga storia italiana alle spalle. Matthew, che ci traduce in maniera magistrale tutti i testi per i cataloghi di Otto, ha scritto un prezioso libro di brevi racconti per Oh! Nirica da leggere per addormentarsi. Non ci resta che leggerli.

Antonio Lo Presti. Catanese, da decenni risiede a Firenze, si è presentato in galleria durante la preparazione della mostra, con il suo lavoro, un lavoro fresco, delicatissimo e molto raffinato che sento molto vicino e tuttavia distante. È un lavoro che ha un’intensità poetica fortissima, da leggere nelle tracce lasciate attraverso la bucatura delle sue linee sulla carta bianca. Per Oh! Nirica ci consegna una interpretazione della simbiosi tra comodino e libro e ancora un oggetto uscito da un manuale di surrealismo: una sedia a forma di borsa per acqua calda (non poteva non essere presente il surrealismo in una mostra che lavora sul sonno e sogno).

Roberta Lozzi. Da Milano, ci ha regalato la vela, copriletto, ispirata al suo rigoroso spazio denso e minimale deciso, con un blu che contrasta con il rosa attraverso la sagoma simbolica dell’onda, la coperta è a due facce dove i temi si invertono. C’è la parte diurna e la parte notturna, dove cromaticamente si invertono. C’è la parte esteriore e la parte che è a contatto con il mondo interiore più intimo. Questo essere double-face permette la possibilità dell’alternarsi delle parti anche durante la giornata. Esporre la parte intima quando lo vogliamo, fare più intima la parte esteriore quando lo riteniamo opportuno.

Gabriele Mallegni. Da Pisa, scultore di strutture metalliche anche di grandi dimensioni. Qui si cimenta con un oggetto d’uso come un’opera che produce luce. Una scultura di un cervello umano a dimensione reale che irradia luce ambientale. Una mente illuminata, dal titolo «illuminante», ci ricorda come tutto avviene nel cervello e che le sue trame luminose ci possono rivelare l’alfabeto della dimensione onirica e cercare di decifrare i confini tra luce e oscurità. Ci ricorda in modo leggermente ironico che si può percorrere le vie dell’illuminazione secondo alcune discipline di filosofie orientali non solo pigiando un tasto.

Michele Martinelli. Da Lucca, propone un altro portale: una libreria di scatole di alluminio composta a mo’ dei portali in pietra, memoria di porte lucchesi, mai fuori dimensione nei loro rapporti e in rapporto alla dimensione umana. Un Librale come lo ha chiamato l’autore, dove i sonnambuli depongono i loro libri e i loro sogni alla mattina. Luogo di passaggio dove si raccolgono comunque libri e altri oggetti dei viaggi immaginari, altre porte, altri strumenti di lettura prima di addormentarsi. O più semplicemente una libreria posta in camera da letto per depositare i libri che sono in lettura alla sera senza fare cataste sul comodino.

Elia Marzetta. Da Milano, giovane scultore del legno che interagisce anche con la pittura e intrusioni metalliche con grandi graffe di rame che cuciono lesioni, spaccature del legno che, per tendenza naturale o per origine artistica, tendono a lacerare il legno. E’ interessante nel lavoro di Elia questo affidare al rame, grande conduttore di informazioni, il compito di ricucire il legno, essenza vitale, dai traumi dell’esistenza. Nell’opera «specchio» che ci propone per Oh! Nirica ci pone un altro piano di lettura o forse una chiave di lettura, facendoci vedere la nostra faccia, all’interno di una cornice dove è sinteticamente espresso quello di cui sopra.

Cristina Massei. Giovane artista di Lucca che, nell’indagare il vestirsi, non rivolge l’occhio alla moda, ma alla sartoria di tradizione, cucendo modi di indossare e recuperando, ricucendoli, vestiti usati, giocando a modificare la tipologia dell’abito. Ad esempio: con le camicie maschili, destrutturate e riutilizzate per abiti femminili da indossare in happening e performance. Per Oh! Nirica ha proposto un pigiama femminile che si racchiude di giorno in una goccia di tessuto che racchiude gli umori della veste notturna.

Elisabetta Nencini. Di Firenze, ha realizzato un copriletto dove si è lanciata con entusiasmo, come suo uso, in una nuova ricerca di materiali di scarto industriale nelle fabbriche e laboratori di Empoli e Prato. Materiali anche pregiati, come pellame residuo di tagli di fustelle, trucioli di polietilene, gomme varie, da rendere a nuova vita, attraverso la sperimentata manipolazione artistica: una coperta di grandi fiori di polietilene da imballaggio. Una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie, che più che meravigliarsi lei, meraviglia noi per questa sua trasposizione in 3D (reali) di una coperta a grandi fiori. Una lettura delle opere pop, con sottofondo ironico e onirico che retro illuminandosi la fa diventare un sottobosco fresco e in penombra, luogo fertilissimo per far crescere funghi, sogni e storie incantate.

Marco Pace. Da Lanciano: l’ho chiamato per disegnare un lenzuolo per Oh! Nirica, intanto perché è un pittore che lavora bene e apre nuove visioni molto «oniriche», possiede una tecnica efficace e un disegno spettacolare. Ci ha regalato un disegno che diverrà poi lenzuolo, col tema dell’apparizione di un personaggio anche lui onirico, sopra un mucchio di pietre sulla Maiella. A me piace l’idea del lenzuolo, perché è sinonimo di leggerezza e volatilità dove invece è rappresentata la montagna di pietra, simbolo di pesantezza e solidità.

Lorenzo Perrone. Nato a Milano, cancella i testi dei libri con gesso e vernice bianca: mi ha presentato il suo lavoro Matthew, che scrive testi. Realizza libri bianchi senza scrittura. Qualcuno, non ricordo, diceva che il racconto è altrove, non sta nel libro. Ed è vero perché il libro è un mezzo che veicola il testo, che trasmette un mondo di emozioni e saperi che va ad abitare la testa di chi lo legge. Perrone invece, come ogni artista, si occupa del «come» e lavora facendo diventare il modo di come è formato l’oggetto libro, il suo racconto. La forma libro con la sua sfogliatura presume novità consequenziali nella pagina prossima che ancora non si è aperta. L’ho invitato perché la sua opera è per me onirica in quanto, cancellando la scrittura diurna logica e razionale, affida il libro come oggetto al suo linguaggio simbolico e analogico come quello notturno dei sogni.

Jelena Pesic. Da Belgrado, ci racconta una storia come dice lei di solitudine, lei che ci racconta anche che nei suoi lavori elabora le tematiche come l’esistenza, la memoria, il tempo e la morte. Dopo vari ripensamenti e studi arrivati per email, finalmente poco tempo fa è arrivata ad una sintesi: un lavoro che è di una bellezza struggente nel suo essere scarno. Io direi una storia di affetto avuto e mancato, cuscini rivestiti con camicie appartenute a uomini che hanno un ruolo come: il soldato, lo zio, il padre, il passeggero, il pope conclude la sequenza con un autoritratto su come si usa il cuscino. Grazie Jelena per farci conoscere la Serbia genuinamente, attraverso alcuni cuscini posati su di una tavola.

Benvenuto Saba. Vive a Pietrasanta, fotografo professionista e scultore in incognito, presenta un lavoro molto intrigante, una «fotografia tridimensionale» de il cuscino di Ilaria del Carretto di Jacopo della Quercia. Il luogo del sonno storico, artistico, il sonno subliminale. Benvenuto ha fatto il rilievo «puntuale» a tasti secondo la tecnica rinascimentale del cuscino da un calco della scultura in gesso appartenente alla gipsoteca dell’Istituto Passaglia di Lucca su autorizzazione del Dirigente scolastico. Un’altra opera con un percorso creativo che ci propone metodi e tecniche oramai poco frequentati, che ci presenta un cuscino in marmo illuminato dentro e dove i punti di rilievo sono evidenziati con punti di luci.

Antonio Sammartano. Da Trapani, ha vissuto tanti anni a Firenze e poi a Milano dove ha studiato a Brera. Un uomo e artista generoso, un espressionista astratto se proprio vogliamo etichettare un linguaggio espressivo. Un appassionato dell’arte, e soprattutto uno che sa comunicare questa passione e relazionare con le persone, un amico, con il quale ho condiviso tante avventure e scoperte per il mondo, dalla Sicilia alla Germania, dalla Tunisia a Taiwan. Per questa occasione ci ha proposto una misteriosa lampada crittocriticoironica sulla gestione del design: la lampada KKD (Klus Klus Design).

Caterina Sbrana. Da Pisa. La luce che ci fa leggere i libri a letto prima di addormentarci ce la propone in questo progetto Caterina, dove usa l’evocazione formale del bulbo del papavero. La sua materia prima di pittura che usa come timbri con cui dipinge teli e lenzuoli di ghinea per raffigurare agnelli dormienti, il massimo della tenerezza e della fragilità. In queste lampade fa diventare il bulbo uno scrigno luminoso dove la luce timbra la superficie su cui è rivolta. Un prototipo di lampada adolescente di rara bellezza, che diventerà un oggetto compiuto adulto di particolare luminosità, confrontandosi con i processi propri del design.

Elisabetta Scarpini. Da Empoli, un’artista inquieta, sperimentatrice di linguaggi, dalla grafica alla pittura, dalla fotografia alla cucitura. Lei si è confrontata con un altro tema importante, il luogo dove posiamo la testa per dormire e/o sognare: il cuscino o guanciale. Ha riletto un mito dell’antica Grecia, dove si pensava che bastasse dormire in un santuario consacrato ad Asclepio per guarire da ogni malattia. Sonno come guarigione, sogno come conoscenza di sé. Un cuscino su cui dormire, un cuscino su cui sognare. Un cuscino che è forma evidente di una sostanza onirica che si rivela. Lo ha riletto con un lavoro di cucitura di un oggetto soffice, un cardo obeso e soffice, matrice del «Brucaliffo», anch’esso parente affine con l’oblio o una visione di tracciati onirici e simbolici.

Franco Scudieri. Un artista fiorentino, uno scultore che ha attraversato alcuni decenni modulando superfici con giochi di luci ed ombre, con lavori importanti in molte parti del mondo. Per questa occasione ci regala due opere: una ludica, gli aeroplani di legno colorati da attaccare al soffitto, che ci legano ai giochi e sogni dell’infanzia; l’altra opera, un cuscino fatto con i piccoli cilindri in legno che usa per le sue composizioni. Un cuscino che fa riflettere sulla percezione dei materiali legati ad una funzione, il tutto annaffiato da una spruzzatina di dripping di vernice rossa.

Beatrice Speranza. Da Lucca. Architetto e fotografa, è stata una mia preziosa collaboratrice che da sempre fotografa tutto quello che la incuriosisce. Lasciata l’architettura praticata, si è decisa a passare alla fotografia come professionista e così ci presenta un cuscino dove sono stampate mani fotografate che bussano dall’interno. Annàcati è il titolo (svegliati) in napoletano, facendo un omaggio alle sue origini paterne. Il secondo lavoro è un cuscino con una texture di spine di rose. Per Beatrice, il dolce gesto di entrare nel morbido mondo di Morfeo ha aspetti graffianti, o può proteggere chi vuole violare i nostri sogni.

Mirella Spinella. Da Venezia. Amo molto il suo lavoro sui tessuti, vi si legge tutto lo splendore della Repubblica di Venezia, del suo essere nel mondo tra occidente e oriente, l’opulenza, il rigore del lusso; vi si legge tutto il mediterraneo dai greci ai turchi, agli arabi oltre che ai bizantini e, ovviamente, ai veneziani. Le ho chiesto un copriletto che raccogliesse il vento di queste culture mediterranee e ci raccontasse la storia delle loro energie. Ci ha regalato un lavoro straordinario, vele robuste, e tavole sinottiche del nostro mare su tessuto.

Studiovo. Due giovani designers di Lucca che stanno cimentandosi con il mondo del prodotto industriale, in molti casi vera rupe tarpea dei sogni e delle aspettative individuali. Loro hanno pensato, progettato, visualizzato e realizzato con il conforto di Benito Giovannetti, che di produzione di oggetti soffici se ne intende, un uovo-cuscino, contenitore cuscino. Un grande simbolo l’uovo, un cimento importante anche formalmente. L’esito: un oggetto piacevole, giocoso con i suoi colori e sofficità. Nel rispetto anche della tradizione dell’uovo; poi all’interno c’è un contenitore che può contenere cose affettive o più prosaicamente il telecomando.

Tarshito (Nicola Strippoli). Pugliese di Bari, architetto con una grande attrazione per l’oriente da quando ci siamo conosciuti tramite Gianni Pettena, al tempo di Megalopoli a metà degli anni '80. Nel corso degli anni ha approfondito: i temi della meditazione, del sacro e il rapporto con le discipline di quelle culture. Il suo è stato un lavoro di ricerca sul sacro, sui materiali nobili o da nobilitare attraverso la forma e la sua manifestazione e il suo significato arcaico. La sua passione per il bello e per i gesti ampi, nobili e generosi è senz’altro all’origine dell’opera che ci presenta, una lampada realizzata da un cerchio con doratura a foglia dove sono incastonate tre lame di pietra d’agata, attraverso le quali si propaga la luce, luce adeguata ad una dimensione onirica e/o trascendente.

Livio Tessandori. Compagno di Liceo artistico a Lucca che, dopo viaggi, avventure e un intenso lavoro nel mondo delle case d’aste, ho ritrovato da qualche anno nel nome della pittura e dell’amicizia. Ci ha presentato un suo dipinto molto affascinante e intrigante, dove, con i lampi cromatici circoscritti nelle lavorazioni pittoriche, costruiscono trame e ritmi sovrapposti che sono sempre in bilico, trascinando chi osserva, e quindi la sua mente, tra riconoscersi in figure e perdersi nelle visioni inconsce di musiche o misteriosi orologi visivi. Questa ambiguità sul filo è diventato il lenzuolo che dà i ritmi della notte ed è visibile di giorno.

Giuliano Toma. Nato a Milano con dentro il Salento, scultore che di preferenza, in questo momento, lavora con i reticoli, con i ritmi, le linee in ferro saldate che evochino città e metropoli, strutture tridimensionali molto leggere e quasi giocose. Rispetto al lavoro precedente, fatto di bassorilievi con pezzi di ferro saldato dove la città è più caotica e oscura, dove lui sente il bisogno di ungere con l’olio di oliva del Salento, la sua terra. È il suo racconto dell’impatto con la metropoli di nascita, con le sue radici. Il candelabro è il suo oggetto per Oh! Nirica. È un evocare in questa civiltà elettrica, che si illude di essere super evoluta, il fatto che tutto il percorso fatto in tutti i secoli per salire le scale e andare a letto, è stato fatto a lume di candela. Le candele all’interno del candelabro riflettono nella stanza le strutture fantasma che ci siamo dati, che ci costringono o ci proteggono. Forse entrambe le cose.

Zhang Yu. Dalla Cina, un artista importante del suo paese che, toccando superfici, dipinge il mondo lasciando impronte come petali di piccole rose rosse. La grammatica ritmica rivela segni di modulazioni emozionali, frasi e storie, meditazioni negli spazi dove si sovrappongono le impronte, una sensibilità o un percorso poetico orientale che ci svela nuove letture e gradazioni possibili di sensibile percettibilità. Per Oh! Nirica ci regala due oggetti: due contenitori di queste storie da leggere in quel momento in cui stiamo per dormire e la veglia lascia posto al sonno e la comunicazione tra le due dimensioni è aperta. Un rotolo e un libro da tenere su tutti i comodini ad oriente e ad occidente.

Mauro Lovi
luglio 2011 



Oh! Nirica
Quando i sogni incontrano la materia

progetto di Mauro Lovi
coordinato da Olivia Toscani Rucellai
con Filippo Maria Ricci
Galleria Otto Luogo dell’Arte
via Maggio 43 rosso – 50125 Firenze
24 settembre – 7 dicembre 2011
info@ottoluogodellarte.it
www.ottoluogodellarte.it

Otto Luogo dell’Arte di Olivia Toscani Rucellai vuole essere luogo d’incontro per amanti dell’arte, per viaggiatori curiosi, per collezionisti, per turisti illustri. Ma soprattutto un laboratorio di produzione di idee, progetti e oggetti dove il linguaggio dell’arte cerca di confrontarsi con la quotidianità e i suoi oggetti d’uso. Grande interesse è posto a tutte le tecniche artistiche e alle lavorazioni dei materiali, confrontandoci per realizzare i nostri progetti con le maestranze dell’artigianato toscano, ricco di esperienze antiche e di sperimentazioni con l’alta tecnologia. L’interesse della galleria è quindi rivolto al lavoro degli artisti che utilizzano i più svariati linguaggi, il coordinamento del percorso espositivo e produttivo è affidato a Mauro Lovi in collaborazione con Olivia Toscani Rucellai.
testi: 
Ugo La Pietra 
Mauro Lovi 

I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.

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XIII.

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XXI.

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XXII.

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XXV.

XXVI.
XXVII.

XXVIII.
XXIX.

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XXXI.

XXXII.
XXXIII.

XXXIV.
XXXV.

XXXVI.

ha collaborato:
Umberto Rovelli
 




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